Ho ricevuto parecchi commenti al mio post precedente che meritano una risposta approfondita.
Spesso nel dibattito pubblico si tende a enfatizzare come disuguaglianza significhi primariamente ‘disuguaglianza di tipo economico’. Ciò induce a ignorare pericolosamente quanto il fenomeno sia complesso. Esistono svariate forme di disuguaglianza che rendono inefficiente l’Italia, propongo quindi di partire dalla comprensione delle molteplici sfumature del concetto, per poi continuare in futuro la discussione sulle politiche concrete che potrebbero servire a ridurle.
Le disuguaglianze possono essere declinate su tre livelli: quello del trattamento, quello delle opportunità e quello della condizione.
La disuguaglianza di trattamento si manifesta, nell’assenza di condizioni paritarie di accesso alla giustizia, nelle relazioni asimmetriche di genere, nella mancanza di diritti per gli immigrati, nell’assenza di omogeneità dei servizi resi dalla pubblica amministrazione e nel controllo insufficiente dell’evasione fiscale.
La disuguaglianza di opportunità si ritrova nella chiusura degli ordini professionali, nel percorso ad ostacoli per accedere al mercato del lavoro, nelle difficoltà per ottenere un finanziamento per una nuova impresa e nello svantaggio cronico per chi nasce in alcune aree geografiche.
La disuguaglianza di condizione si evidenzia nei diversi trattamenti che lo stato sociale riserva a cittadini che dovrebbero essere tutti uguali e nell’eccessivo divario economico.
Quando dico che una riduzione delle disuguaglianze renderebbe il paese più efficiente mi riferisco a settori precisi su cui intervenire (a ciascuno dei tre livelli sopra elencati), per esempio:
Evasione fiscale. Una maggiore uguaglianza di reddito ha un impatto positivo sulla propensione a pagare le tasse.
Pensioni. Tassando maggiormente le pensioni al di sopra dei 3000 euro si potrebbero ricavare i soldi per creare ammortizzatori universali contro il rischio di disoccupazione e finanziare il ‘reddito minimo’.
Ridistribuire la tassazione accrescendo quella sul patrimonio e riducendo quella sul reddito da lavoro e sulle imprese renderebbe il paese più efficiente.
Questi esempi (debitamente approfonditi nel libro che sto completando per la Rizzoli in uscita all’inizio del 2013) dimostro come maggiore uguaglianza significhi anche maggiore efficienza. Spero che questo post fornisca elementi di approfondimento rispetto a quello precedente. Ovviamente resto aperto alle vostre domande e critiche.