Il sodalizio tra il gruppo hacker di Anonymous e Wikileaks sembra essere arrivato al capolinea e gli hacktivist ora puntano tutto sul loro sito, “Par:AnoIA“. L’acronimo sta per Potentially Alarming Research: Anonymous Intelligence Agency, ovvero “Informazioni Potenzialmente allarmanti: Agenzia di Intelligence Anonima”. A creare tensioni tra gli attivisti e il sito creato da Julian Assange sono le diverse opinioni in merito ai metodi per trattare la diffusione dei leaks (fughe di notizie, ndr) sul web.

D’altra parte le filosofie che ispirano Wikileaks e Anonymous sono diverse fin dalle origini. In primo luogo perché i ragazzi di Assange hanno da sempre puntato sulla collaborazione di “talpe” interne a società e organizzazioni governative, mentre gli hacker recuperano il loro materiale attraverso la violazione di server e computer, pubblicando il materiale “grezzo” direttamente sui circuiti Torrent o su siti Internet. Ma anche lo stile nello “stare in campo” è ben differente: Anonymous può contare sulla clandestinità mentre Wikileaks, come dimostrato dalle vicende giudiziarie che hanno interessato il suo fondatore, è un bersaglio facile per le azioni giudiziarie. A monte dello strappo ci sarebbe l’insofferenza degli Anonymous nei confronti delle lungaggini a cui è sottoposta la pubblicazione dei dati sottratti su Internet. Da qui la decisione di affidarsi a Par:ANoIA. Il sito, inaugurato il marzo scorso, dovrebbe rappresentare il punto di accesso a tutti i dati “recuperati” dalla rete di Anonymous, che verranno pubblicati in un formato accessibile e di facile consultazione allo scopo di consentire una maggiore diffusione delle informazioni trafugate. Negli scorsi mesi, infatti, le imprese di Anonymous hanno trovato largo spazio nei media, ma il contenuto dei materiali pubblicati è stato quasi ignorato. Un membro di Anonymous ha spiegato il senso dell’operazione nel corso di una chat con un giornalista di Wired Usa: “Il motivo per cui le persone non si interessano alle informazioni pubblicate è che non sanno come utilizzarle. In pratica stiamo cercando di renderle accessibili a chiunque voglia farne qualcosa”.

Le pubblicazioni sul sito sono cominciate solo da pochi giorni e il materiale, per adesso, è ancora poco: un database delle email sottratte a HBGary, società di sicurezza informatica che collabora col governo statunitense, le trascrizioni della celebre intercettazione telefonica tra Fbi e polizia inglese per combattere il gruppo di pirati informatici e altro materiale, tra cui le attività di controllo sul web da parte del governo australiano e le tecniche di disinformazione applicate nei forum Internet. L’homepage, però, contiene tutti gli strumenti per consentire ai visitatori di sfruttare i materiali pubblicati, a partire da un motore di ricerca per parole chiave a un indirizzo email dedicato alla stampa, in cui viene fornita anche la chiave pubblica per crittografare i messaggi. Non manca, infine, un collegamento attraverso il quale è possibile fare donazioni per sostenere il progetto. La valuta adottata è il bitcoin, il denaro virtuale sempre più utilizzato per le compravendite online. Anche se tra Wikileaks e gli hacktivist non è ancora divorzio, dai botta e risposta comparsi su Twitter negli ultimi giorni è evidente che i rapporti sono per lo meno tesi. Il team di Wikileaks, in un tweet di metà luglio, ha accusato Anonymous di “dilettantismo”, puntando il dito contro l’utilizzo di alcuni strumenti di comunicazione che metterebbero a rischio l’anonimato di chi procura il materiale pubblicato. La comunità hacker, però, non chiude la porta alla collaborazione. “Wikileaks ci ha contattati e sarà interessante sentire cosa hanno da dire”.

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