I legali dell'ex ministro dell'Interno, accusato di falsa testimonianza, presentano un'istanza al gup di Palermo che deciderà sui 12 rinvii a giudizio chiesti dalla Procura: "Non vi è connessione sostanziale con il procedimento principale"
L’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino non ci sta a farsi processare insieme a boss mafiosi, politici e alti ufficiali dei carabinieri sulla presunta trattativa fra Stato e mafia. I suoi legali, gli avvocati Massimo Krogh e Umberto Del Basso De Caro, hanno chiesto al gup di Palermo di stralciare la posizione di Mancino dal procedimento che vede 12 richieste di rinvio a giudizio pendere sul capo, fra gli altri, di Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca, degli ex generali del Ros Mario Mori e Antonio Subranni, dei politici Marcello Dell’Utri e Calogero Mannino. Tutti accusati di attentato a corpo politico dello Stato, tranne appunto Mancino, alla quale la procura, nell’indagine coordinata dall’aggiunto Antonio Ingroia, contesta la falsa testimonianza per la sua audizione al processo Mori-Obinu sulla mancata cattura di Provenzano nel 1995.
Nella richiesta, i difensori fanno presente che nel procedimento nei confronti di Mancino “non vi è connessione sostanziale con il procedimento principale a carico di Bagarella ed altri. La connessione – aggiungono i legali – risulterebbe eventualmente in modo più diretto con il processo Mori, tuttora pendente davanti al Tribunale di Palermo”, del quale dovrebbe quindi attendersi l’esito per valutare la posizione dell’ex ministro.
Infine, in analogia con il procedimento preannunciato dall’accusa nei confronti dell’ex ministro della Giustizia Giovanni Conso e dell’eurodeputato Giuseppe Gargani, i difensori di Mancino fanno rilevare che non risulta giustificata la diversa posizione processuale riservata al loro assistito.