Firmato il provvedimento di blocco dello stabilimento e 8 ordinanze di domiciliari per i vertici aziendali. Tra i reati contestati anche l'avvelenamento di sostanze alimentari. La perizia: "Le emissioni portano a fenomeni che causano malattie e morte". I lavoratori bloccano tutti gli accessi al capoluogo ionico
Il gip Patrizia Todisco ha firmato il provvedimento di sequestro (senza facoltà d’uso) degli impianti dell’Ilva di Taranto e le misure cautelari per alcuni indagati nell’inchiesta per disastro ambientale a carico dei vertici aziendali. Sono otto i provvedimenti di arresti domiciliari. L’ordinanza è in corso di esecuzione e riguarda dirigenti ed ex dirigenti dell’Ilva. Cinque di questi erano già inquisiti e avevano nominato propri consulenti nell’ambito dell’incidente probatorio. Tra le contestazioni dei pm c’è anche disastro ambientale. La misura del tribunale si basa soprattutto su una perizia secondo la quale le emissioni causano fenomeni che portano a malattie e morte.
Video di Lorenzo Galeazzi
Gli arresti – Gli arresti riguardano il patron Emilio Riva, presidente dell’Ilva Spa fino al maggio 2010; il figlio Nicola Riva, che gli è succeduto nella carica e si è dimesso un paio di settimane fa; l’ex direttore dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso; il dirigente capo dell’area del reparto cokerie, Ivan Di Maggio; il responsabile dell’area agglomerato, Angelo Cavallo. Il sequestro senza facoltà d’uso, invece, riguarda l’intera area a caldo dello stabilimento siderurgico Ilva, ovvero i parchi minerali, le cokerie, l’area agglomerazione, l’area altiforni, le acciaierie e la gestione materiali ferrosi. “La gestione del siderurgico di Taranto è sempre stata caratterizzata da una totale noncuranza dei gravissimi danni che il suo ciclo di lavorazione e produzione provoca all’ambiente e alla salute delle persone” ha scritto il gip nell’ordinanza di sequestro, in cui si legge anche che “ancora oggi” gli impianti dell’Ilva producono “emissioni nocive” che, come hanno consentito di verificare gli accertamenti dell’Arpa, sono “oltre i limiti” e hanno “impatti devastanti” sull’ambiente e sulla popolazione. Il Gip di Taranto, inoltre, ha spiegato che la situazione dell’Ilva “impone l’immediata adozione, a doverosa tutela di beni di rango costituzionale che non ammettono contemperamenti, compromessi o compressioni di sorta quali la salute e la vita umana, del sequestro preventivo”. Non solo. “L’imponente dispersione di sostanze nocive nell’ambiente urbanizzato e non – ha specificato il gip – ha cagionato e continua a cagionare non solo un grave pericolo per la salute (pubblica)”, ma “addirittura un gravissimo danno per le stesse, danno che si è concretizzato in eventi di malattia e di morte”. Non manca, in ciò che ha scritto il gip, un riferimento alla ‘logica del profitto’: “Chi gestiva e gestisce l’Ilva ha continuato in tale attività inquinante con coscienza e volontà per la logica del profitto, calpestando le più elementari regole di sicurezza”. Parole che non lasciano spazio ad ulteriori interpretazioni.
Il vertice – La notizia è arrivata a poche ore dall’inizio della riunione al ministero dell’Ambiente, che aveva come scopo proprio il raggiungimento di un’ intesa sulla bonifica dell’area, salvaguardando la produzione industriale dello stabilimento. All’incontro hanno partecipato il ministro Corrado Clini, il sottosegretario allo Sviluppo Claudio De Vincenti, il governatore della Regione Puglia Nichi Vendola, il presidente della Provincia Gianni Florido e il sindaco di Taranto Ippazio Stefàno; per Palazzo Chigi partecipa Angelo Lalli, per il Pdl Raffaele Fitto e per il Pd Nicola Latorre.
Gli operai in marcia, sciopero a oltranza – Dopo la notizia, che suona come allarmante per il futuro dei lavoratori – come già accaduto ieri in segno di protesta -, oltre 8mila operai hanno lasciato il posto di lavoro e sono usciti all’esterno dello stabilimento Ilva. Gli operai hanno marciato sulle statali Appia e 106 e hanno raggiunto il centro di Taranto per raggiungere la Prefettura.
Gli operai si sono fermati nella zona del ponte girevole e lo hanno occupato, paralizzando completamente la città. Allo stesso tempo il corteo – imponente come quello che ieri per alcune ore ha invaso le statali 100 e 106, per Bari e per Reggio Calabria – ha impedito l’accesso a tutti gli ingressi della città e occupato le statali (la statale 106 jonica Taranto-Reggio Calabria, la statale 100 Taranto-Bari e i due ingressi alla città di Taranto: la città vecchia e il ponte Punta Penna), con i lavoratori che hanno manifestato tutta la loro preoccupazione per il sequestro degli impianti e le inevitabili ricadute occupazionali. In prevalenza si tratta di operai del primo e del secondo turno mentre in fabbrica è rimasto un numero di operai superiore a quello previsto dalle comandate. “La decisione di uscire è stata improvvisa – ha detto il segretario provinciale Fim Cisl Cosimo Panarelli – e quindi la produzione non è stata fermata. Tutta la ghisa che è in lavorazione sta seguendo il suo naturale ciclo altrimenti uno stop improvviso avrebbe gravi ripercussioni sugli impianti. Le procedure di sicurezza di sicurezza possono scattare solo dopo che sara’ stata smaltita la ghisa in produzione”. Una delegazione di sindacalisti e lavoratori, poi, ha incontrato il prefetto di Taranto Claudio Sammartino. Al termine dell’incontro gli operai hanno bloccato il ponte girevole di Taranto: decisione presa per discutere della situazione dopo il sequestro degli impianti disposto dal gip Patrizia Todisco.
Nel corso della manifestazione si sono verificati momenti di tensione in seguito alla contestazione di un gruppo di manifestanti. Il prefetto, secondo fonti sindacali, avrebbe cercato di rasserenare gli animi confermando l’impegno del governo per le bonifiche e l’ambientalizzazione del Siderurgico. L’accordo di programma firmato a Roma, secondo Sammartino, dovrebbe scongiurare lo spettro del licenziamento. I lavoratori hanno deciso comunque di proseguire la protesta: in serata le sigle sindacali confederali hanno proclamato lo sciopero a oltranza, fino a quando la situazione non troverà uno sbocco.
Alta tensione da mesi – La tensione a Taranto è alle stelle da mesi: i lavoratori temono infatti di perdere il posto di lavoro e così da settimane chiedono aiuto. Hanno risposto tutti al loro appello: politici, amministratori, sindacati, Confidustria, docenti universitari e medici. Tutti hanno lanciato il loro messaggio a difesa degli operai. Tutti, anche il nuovo vescovo di Taranto, monsignor Filippo Santoro, hanno accolto positivamente l’intervento del Governo, le nuove disposizioni della Regione e ora confidano nella decisione “responsabile” della magistratura. Lo stesso ministro Corrado Clini aveva dichiarato che il blocco degli impianti in questa fase sarebbe una contraddizione. Parole cadute nel vuoto.
Contestato anche il disastro ambientale – Gli otto indagati sono accusati, a vario titolo, di disastro ambientale colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose.
Sono due le ordinanze firmate dal gip di Taranto. La prima ordinanza, con la quale si dispone il sequestro di sei impianti, è di circa 300 pagine e contiene, tra le motivazioni del provvedimento, anche pezzi dei risultati dell’incidente probatorio conclusosi il 30 marzo scorso dinanzi allo stesso gip e durante il quale sono state discusse due perizie – una chimica e l’altra medico-epidemiologica – disposte dal magistrato su richiesta della Procura.
La seconda ordinanza, anche questa di 300 pagine circa, dispone la custodia cautelare agli arresti domiciliari di otto indagati. Ai cinque dirigenti o ex dirigenti dell’Ilva di Taranto, si sono aggiunti tre dirigenti del Siderurgico che hanno assunto incarichi in tempi più recenti.
La perizia: “Emissioni causano fenomeni che portano a malattie e morte” – La perizia medico-epidemiologica, sulla base della quale sono stati disposti il sequestro e gli arresti in via di esecuzione, è stata redatta da Annibale Biggeri, docente ordinario all’Università di Firenze e direttore del centro per lo studio e la prevenzione oncologica; Maria Triassi, direttrice di struttura complessa dell’area funzionale di igiene e sicurezza degli ambienti di lavoro ed epidemiologia applicata dell’azienda ospedaliera universitaria Federico II di Napoli; e da Francesco Forastiere, direttore del dipartimento di Epidemiologia della Asl Roma/E.
Secondo i periti, “l’esposizione continuata agli inquinanti dell’atmosfera emessi dall’impianto ha causato e causa nella popolazione fenomeni degenerativi di apparati diversi dell’organismo umano che si traducono in eventi di malattia e di morte”.
Clini: “Non è detto che il danno arrivi dagli impianti attuali” – Nel merito risponde il ministro dell’Ambiente Clini: “La magistratura ha ritenuto che il ciclo produttivo, in particolare quello a caldo, è ancora una sorgente di rischio, ma questo non vuol dire che il danno ambientale degli ultimi 15-20 anni sia riferibile agli impianti attuali”.
Tre ingegneri per spegnimento impianto – “Non siamo pazzi sconsiderati, cerchiamo di lavorare con la schiena dritta, ragionando”. Così il procuratore capo del Tribunale di Taranto Franco Sebastio ha motivato la scelta del Gip. Lo stesso procuratore ha convocato per domani mattina una conferenza stampa a Taranto, “per fare chiarezza su alcuni aspetti e alcune polemiche” di queste ore e dei mesi precedenti. Lo stesso magistrato chiarisce che per il sequestro delle aree occorrerà tempo. “Non si può concludere in 24 ore”, spiega. Si tratta di procedure molto particolari vista l’imponenza della struttura. Occorrerà fare un progetto di lavoro: a questo fine sono stati nominati tre ingegneri dell’Arpa, l’Agenzia regionale protezione ambientale della Puglia.