“Non può più essere consentita una politica imprenditoriale che punta alla massimizzazione del risparmio sulle spese per le performances ambientali del siderurgico, i cui esiti per la comunità tarantina ed i lavoratori del siderurgico, in termini di disastro penalmente rilevante (…) sono davvero sotto gli occhi di tutti, soprattutto dopo i vari, qualificati e solidissimi contributi tecnico-scientifici ed investigativi agli atti del procedimento”. Così il giudice per le indagini preliminari di Taranto Patrizia Todisco nel decreto con cui ha disposto il sequestro senza facoltà d’uso dell’area a caldo (Parchi minerali, Cokerie, Area Agglomerato, Altiforni, Acciaierie e Area Gestione Rottami Ferrosi) dello stabilimento Ilva di Taranto.

Otto sono invece le ordinanze di custodia cautelari ai domiciliari per altrettanti vertici ed ex vertici dell’azienda. Destinatari del provvedimento sono Emilio Riva, 86 anni ex patron dello stabilimento siderurgico più grande d’Europa, Nicola Riva, ex presidente del cda dell’Ilva e Luigi Capogrosso, ex direttore della fabbrica. Questi ultimi due avevano rassegnato qualche settimana fa le dimissioni dagli incarichi per tentare di risparmiarsi eventuali provvedimenti. Una vicenda che il gip nella sua ordinanza ritiene mutamenti “che sembrano rispondere ad una gattopardesca strategia funzionale, nei suoi intenti, solo alla messa a riparo, da paventati provvedimenti cautelari” evidentemente non riuscita. Gli arresti domiciliari sono stati applicati anche per Salvatore D’Aló, Salvatore De Felice, Marco Andelmi, Ivan Di Maggio e Angelo Cavallo, dirigenti e capi area dello stabilimento.

Accogliendo la richiesta del pool di magistrati della procura ionica, formato dal procuratore Franco Sebastio, dall’aggiunto Pietro Argentino e dai sostituti Mariano Buccoliero e Giovanna Cannarile, il gip ha ritenuto fondati il pericolo di fuga, di reiterazione del reato e di inquinamento probatorio.

Al termine delle seicento pagine che compongono le due ordinanze, il gip ha spiegato che “sussiste, anzitutto, un concreto ed attuale pericolo di inquinamento probatorio”. Contro gli indagati infatti non vi sono solo le perizie disposte dal gip che per la prima volta hanno messo nero su bianco l’allarmante situazione ambientale nel tarantino e le condizioni di salute degli abitanti, provata da decenni di inquinamento prima di Stato e poi privato. Dalle indagini, infatti, emergerebbe anche l’incontro sospetto tra un dirigente Ilva e il prof. Lorenzo Liberti, docente universitario e all’epoca consulente per procura ionica per la redazione di una perizia proprio nei confronti dell’Ilva. Secondo l’accusa nel marzo 2010 il professore e il dirigente Ilva si sarebbero incontrati in un piazzale adibito a parcheggio di autoarticolati, ubicato sul retro di un’area di servizio sull’autostrada A14 a pochi chilometri da Acquaviva delle Fonti. L’incontro sarebbe stato successivo a una telefonata intercettata dagli inquirenti in cui il dirigente Ilva avrebbe chiesto all’ufficio cassa dell’azienda di preparare una busta con diecimila euro all’interno. Il passaggio di una busta bianca è infatti stata filmata dagli uomini della guardia di finanza, ma all’interrogatorio dinanzi all’autorità giudiziaria, Liberti avrebbe confermato l’incontro, ma negato di aver ricevuto denaro senza comunque fornire una spiegazione convincente né sulle circostanze dell’incontro né sul contenuto della busta a lui consegnata. Secondo il gip “non può non sottolinearsi il fatto, sconcertante, che l’incontro avveniva (il 26.03.2010) in costanza dell’espletamento di un incarico di consulenza affidato dal pm ad un collegio composto, tra gli altri, proprio dal prof. Liberti, nell’ambito di attività di indagini a carico dell’ILVA”.

E intanto il nuovo presidente del Cda Ilva, Bruno Ferrante esprime grande amarezza “per le persone che oggi si sono viste notificare gli arresti domiciliari in particolare per i 6 dirigenti dell’Ilva di Taranto, tecnici stimati a livello mondiale e che rappresentano l’eccellenza lavorativa del Sud Italia. Siamo vicini a loro e alle loro famiglie”. Per Ferrante si tratta di “momenti davvero drammatici e carichi di emozioni” che avrebbe portato alcuni operai anche alle lacrime. Sul provvedimento Ferrante non si sbilancia: “Leggerò con attenzione quanto ci prescrive la magistratura e farò le valutazioni del caso. Voglio però dire che non mancherà l’impegno, come non è mai mancato in questi anni, per tutelare in tutte le sedi opportune l’occupazione e il futuro dell’Ilva, che è patrimonio dell’intero Paese”.

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