E’ guerra aperta nel mercato dei diritti d’autore affrettatamente “liberalizzato” dal Governo con il cosiddetto Decreto Liberalizzazioni. Una guerra che si combatte senza esclusioni di colpi e alla quale prendono parte, con ruoli, per la verità talvolta confusi e ambigui, pezzi importanti delle nostre istituzioni.
Le ultime battaglie di questa straordinaria epopea moderna dei diritti d’autore che, giorno dopo giorno, sta scoperchiando il vaso di Pandora del sistema malato al quale, sin qui, è rimasta affidata la gestione collettiva dei diritti, sono efficacemente riassunte in un’interrogazione parlamentare che lo scorso 24 luglio il senatore Roberto Centaro, ha indirizzato al Presidente del Consiglio dei ministri e ai ministri dello Sviluppo economico e per i Beni e le attività culturali.
Inquietanti – per non dire sconcertanti – gli episodi raccontati nelle premesse dell’interrogazione al centro della quale vi è la questione del riparto del famoso equo compenso, incassato dalla Siae a fronte della commercializzazione, nel nostro Paese, di supporti e dispositivi idonei alla riproduzione di opere protette da diritto d’autore. Sino a ieri, la quota di competenza degli artisti, interpreti ed esecutori è stata ripartita da Siae a favore esclusivamente dell’Imaie, l’Istituto mutalistico aritisti, interpreti ed esecutori, travolto da uno scandalo con pochi precedenti qualche anno fa, sciolto dal Prefetto e poi reincarnatosi, per legge, nel “Nuovo Imaie”.
L’Imaie e, poi, il Nuovo Imaie, fino a ieri, hanno operato in una sorta di monopolio di fatto giacché non vi erano sul mercato – pur non essendo espressamente vietato dalla legge – altre associazioni rappresentative degli artisti, interpreti ed esecutori intenzionate a partecipare al riparto dei compensi da copia privata. Dopo la “liberalizzazione” del mercato, però, si sono affacciati all’orizzonte altri soggetti, determinati a far concorrenza al Nuovo Imaie nell’intermediazione dei diritti connessi così come, peraltro, auspicato dallo stesso Governo con il decreto legge sulla liberalizzazione. E’ a questo punto che la vicenda diventa interessante e, inquietante, al tempo stesso.
Ormai da settimane è scaduto il termine che il Governo si era attribuito [n.d.r. difficile commentare certe gesta dei professori di Palazzo Chigi, incapaci, persino, di rispettare le scadenze che si danno da soli] per il varo della disciplina di attuazione della norma sulle liberalizzazioni, con la conseguenza che nel mercato si è scatenata una guerra selvaggia e senza regole nell’ambito della quale, tra l’altro, le nuove associazioni hanno chiesto alla Siae di versare loro quanto dovuto – a titolo appunto di equo compenso per copia privata – agli artisti, interpreti ed esecutori da esse rappresentate. Siae, dapprima ha nicchiato, quindi ha cercato di far mettere d’accordo le nuove associazioni con il Nuovo Imaie, poi ha minacciato di non pagare nessuno fino a quando la situazione non fosse stata risolta dal Governo e, poi, all’improvviso – in modo, apparentemente, del tutto irrazionale – ha preso la sua decisione: versare i milioni di euro sin qui incassati a titolo di compenso per copia privata di competenza degli artisti, interpreti ed esecutori, solo ed esclusivamente al Nuovo Imaie.
Ed è qui che la lettura dell’interrogazione del senatore Centaro diventa istruttiva e consente di comprendere cosa è probabilmente davvero accaduto nelle stanze dei bottoni. Il 12 ed il 20 giugno, l’onorevole Gabriella Carlucci presenta due interpellanze urgenti, una alla Camera e una al Senato, con le quali chiede al Governo di confermare che “la legge sul diritto d’autore attribuirebbe al nuovo Imaie la gestione esclusiva dei compensi per la copia privata spettanti agli artisti interpreti ed esecutori […] sposando con ciò integralmente le tesi, a parere dell’interrogante infondate e pretestuose, del nuovo Imaie”.
Non passano neppure ventiquattro ore e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’Editoria risponde, per iscritto all’interrogazione, accedendo “alla tesi” dell’onorevole Carlucci. A quel punto bastano pochi giorni alla Siae per cambiare completamente posizione e indirizzare una comunicazione “alle associazioni interessate con la quale ha informato che, vista la nota della Presidenza del Consiglio dei ministri, sono da considerarsi superate le iniziative intraprese precedentemente dalla stessa Siae per quanto concerne la ripartizione condivisa tra tutti gli interessati dei compensi per copia privata e ha anticipato la propria intenzione di trasferire questi ultimi esclusivamente al Nuovo Imaie”.
Tutto chiaro, no? Il Governo non trova il tempo per dettare una disciplina equilibrata della materia che renda “sostenibile” il nuovo mercato dell’intermediazione dei diritti connessi, garantendovi leale e corretta concorrenza, ma si precipita a prendere posizione – schierandosi, peraltro, dalla parte dell’ex monopolista – su una vicenda che, in termini economici, vale un terzo del mercato complessivo liberalizzato.
Non conta nulla chi abbia ragione e chi torto tra i tanti contendenti, ciò che conta è il metodo inaccettabile con il quale continua a muoversi il Governo: un pachiderma dalle gambe stanche in un Paese di cristallo.