”E’ un provvedimento estremamente sofferto e la sofferenza si coglie in ogni rigo”. Con queste parole, il procuratore generale di Lecce, Giuseppe Vignola, ha illustrato il decreto di sequestro di sei impianti dell’area a caldo dell’Ilva e quello di arresto di otto persone durante una conferenza stampa a Taranto. ”Il lavoro dei periti è stato ineccepibile” ha spiegato Vignola, secondo cui “non c’era altra strada se non il sequestro, non c’era possibilità di adottare altri provvedimenti”. Per il procuratore generale, del resto, “le responsabilità politiche, amministrative, economiche non spetta a noi cercarle” anche perché “non può esserci un bivio per la magistratura tra la tutela del posto di lavoro e la tutela dell’ambiente. Esiste – ha aggiunto Vignola – l’obbligatorietà dell’azione penale e la necessità di perseguire i reati”. Intanto non si arresta la protesta dei lavoratori che hanno occupato la sede del Municipio di Taranto. “Ho attraversato tutti i blocchi stradali e ho detto ai lavoratori di venire in Comune, cinque per presidio- aveva detto in mattinata il sindaco Ezio Stefano – occupate anche il Comune perché voglio che si capisca che questa è la battaglia di tutta Taranto per difendere il lavoro, l’ambiente e la salute. Al governo ieri abbiamo chiesto di garantire il diritto al lavoro dei nostri cittadini”. I sindacati Film, Fiom e Uilm nazionali eterritoriali, al termine dell’incontro con il presidente dell’Ilva Bruno Ferrante, hanno deciso di proclamare per il 2 agosto una giornata di sciopero. Lo stesso Ferrante ha giudicato il decreto “particolarmente duro, pesante per la società, perchè prevede la chiusura di alcune aree anche se si dice di voler tutelare l’integrità degli impianti perchè la chiusura sarebbe irreversibile”. Molto preoccupato per il futuro dell’impianto è anche il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi secondo cui “ad essere a rischio, proprio in un momento così delicato per l’Italia, è la stessa vocazione industriale del nostro Paese”.
“Quelli di Taranto non sono morti di Serie B” – Non solo. A sentire il giudice, “l’Ilva mentre di giorno rispettava le prescrizioni imposte, di notte le violava”, e questo “è confermato da rilievi fotografici eseguiti per 40 giorni nel corso dell’inchiesta”. Per Vignola, quindi, “l’azienda non può fare una ‘imbiancata o interventi di facciata”.Giuseppe Vignola, inoltre, ha messo in parallelo le altre vittime del lavoro in Italia.”Ricordo i morti sul lavoro di Marghera e Genova – ha detto il pg di Lecce – I nostri morti non sono di serie B, hanno diritto di essere tutelati”.
Il 3 agosto la decisione del Riesame – E’ stata fissata per il 3 agosto prossimo la discussione dinanzi al tribunale del Riesame di Taranto del ricorso presentato dall’Ilva contro il sequestro degli impianti dell’area a caldo dello stabilimento e le misure cautelari nei confronti degli 8 indagati (tra dirigenti ed ex dirigenti) da ieri agli arresti domiciliari.
L’ordinanza del gip Todisco – Nel frattempo, emergono altri particolari in merito alla decisione del giudice per le indagini preliminari di Taranto. “Non vi sono dubbi che gli indagati erano perfettamente al corrente che dall’attività del siderurgico si sprigionavano sostante tossiche nocive (come la diossina, ndr) alla salute umana ed animale – ha scritto Patrizia Todisco – ma nessun segno di resipiscenza si è avuto” da parte dei vertici aziendali poiché “hanno continuato ad avvelenare l’ambiente circostante per anni”. Secondo il giudice, inoltre, “l’attività emissiva si è protratta dal 1995 ed è ancora in corso in tutta la sua nocività” e “la piena consapevolezza della loro attività avvelenatrice non può non ricomprendere anche la piena consapevolezza che le aree che subivano l’attività emissiva erano utilizzate quale pascolo di animali da parte di numerose aziende agricole dedite all’allevamento ovi-caprino. La presenza di tali aziende era infatti un fatto noto da anni, eppure per anni nulla è stato fatto per impedire la dispersione di polveri nocive che hanno avvelenato l’ambiente circostante ove tali aziende operavano”. Il giudice, infine, ha ricordato a tal proposito che le emissioni dell’Ilva hanno prodotto l’avvelenamento da diossina e da Pcb di 2.271 capi di bestiame (poi abbattuti) destinati all’alimentazione umana diretta e indiretta con i loro derivati.
Non solo. Il giudice per le indagini preliminari ha anche sottolineato che “non vi è dubbio che gli indagati, adottando strumenti insufficienti nell’evidente intento di contenere il budget di spesa, hanno condizionato le conseguenze dell’attività produttiva per la popolazione mentre soluzioni tempestive e corrette secondo la migliore tecnologia avrebbero sicuramente scongiurato il degrado di interi quartieri della città di Taranto”. Accuse gravissime quelle di Patrizia Todisco, secondo cui “neppure può affermarsi che i predetti (indagati, ndr) non abbiano avuto il tempo necessario, una volta creato e conosciuto il problema, per risolverlo, avuto riguardo al lungo lasso di tempo in cui gli stessi hanno agito nelle rispettive qualità ed al fatto che hanno operato dopo diversi accertamenti giudiziali definitivi di responsabilità nei confronti degli stessi”. A questo proposito il giudice, con specifico riferimento al problema delle polveri, ha ricordato che con precedenti sentenze del tribunale “è stato chiaramente ribadito che tutte le misure introdotte si sono rivelate un’abile opera di maquillage, verosimilmente dettata dall’intento di lanciare un ‘segnale’ per allentare la pressione sociale e/o delle autorità locali ed ambientali, ma non possono essere considerati il massimo in termini di rimedi che si potevano esigere, nel caso concreto, al cospetto della conclamata inefficacia dei presidi in atto ad eliminare drasticamente il fenomeno dello spolverio”.
Il procuratore di Taranto Franco Sebastio – “Il problema dell’inquinamento a Taranto è storia remota, la prima sentenza che venne emessa dalla Pretura di Taranto è del 1982 con la quale venivano condannati i vertici dell’allora Italsider per la diffusione delle polveri dei parchi minerari, da quell’epoca in poi c’è stata tutta una serie di procedimenti penali con la caratteristica costante di confluire in sentenze di condanna diventate definitive”: parola del procuratore della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio, secondo cui “questi procedimenti penali hanno avuto anche un’altra caratteristica, man mano che si andava avanti e si approfondivano ulteriori aspetti saliva anche il livello qualitativo dei reati contestati”. Sebastio, poi, ha ripercorso le tappe delle indagini che poi, “riunite in unico procedimento penale, hanno avuto inizio tra il 2009 e il 2010 e che c’è stata tutta una serie di accertamenti e di denunce, tra cui anche quella del sindaco della città”. Quest’ultimo passaggio del procuratore ionico “per dire che il problema non ce lo siamo inventato noi. In uno dei procedimenti abbiamo ben 150 parti lese che hanno presentato denunce – ha detto Sebastio – Abbiamo anche ritenuto di dover seguire la via dell’incidente probatorio e la richiesta è del novembre 2010. Noi – ha concluso – i provvedimenti dobbiamo farli in base ai codici e non sulle dimensioni qualitative o quantative, noi siamo servi della legge e siamo vincolati all’osservanza della legge“.
La posizione di Confindustria Puglia – “L’export della regione Puglia nel 2011 ha fatto segnare, record in Italia, una crescita del 19%. E di questo export un buon 50% è rappresentato dall’Ilva e dal suo indotto”: è preoccupato Angelo Bozzetto, presidente di Confindustria Puglia, che in un’intervista a Labitalia ha fatto il punto sull’incandescente situazione dell’Ilva di Taranto, e sugli effetti che la chiusura dell’impianto potrebbe avere sull’economia regionale. “Stiamo parlando di un valore straordinario per l’economia – ha aggiunto Bozzetto – E quindi si deve costruire un percorso condiviso tra le parti che risolva la situazione e porti a un cambiamento di rotta positivo. E lo Stato deve fare la sua parte e va quindi trovata una soluzione nel più breve tempo possibile”. Secondo il presidente degli industriali di Puglia, “è necessario, a mio parere, riflettere in modo sereno sul problema, che esiste, e quindi attivarsi urgentemente per la correzione del provvedimento. E’ necessaria un’assunzione di responsabilità da parte di azienda, istituzioni e lavoratori, per cambiare la situazione positivamente”. Secondo Bozzetto, “a questo punto, l’azienda può accelerare gli impegni che ha già assunto nella via dell’ambientalizzazione dell’impianto, per il quale in questi anni ha già messo importanti risorse”. “Forse adesso – ha concluso – servono ancora più risorse, o velocizzare ancora di più il processo. E credo che l’azienda sia disponibile. Di certo, il governo non può non fare la sua parte perchè si deve ricordare in 50 anni di presenza del siderurgico a Taranto, per i due/terzi del periodo è stata la mano pubblica a operare”.
La conferenza dell’Ilva e lo sciopero a oltranza – Mentre c’è attesa per la conferenza stampa indetta per oggi pomeriggio dal presidente dell’Ilva Spa Bruno Ferrante, continuano i blocchi stradali a Taranto da parte dei dipendenti. Secondo l’Anas sono quattro i tratti di strade statali finora bloccati. Sulla strada statale 7 Appia il traffico è fermo all’altezza di Statte, direzione Taranto, con deviazione sulla strada statale 172 in direzione Martina Franca. Sulla strada statale 7 ter Salentina c’è un blocco in località Monteparano, con deviazione allo svincolo per la provinciale 104. Sulla strada statale 106 Jonica il traffico è bloccato all’altezza di Taranto-Raffineria Eni. Infine, sulla statale 172 ‘dei Trulli’ un blocco è segnalato in zona Taranto-ospedale.
I blocchi stradali organizzati dai lavoratori dell’Ilva stanno provocando notevoli disagi al trasporto pubblico locale. Ci sono presidi di operai in via Cesare Battisti, via Magnaghi, ponte girevole, porta Napoli. In particolare, secondo una nota dell’Amat, i bus delle linee che fanno capo all’ipermercato Auchan sono rimasti fermi per l’impossibilità di riprendere la marcia e i bus in arrivo da Talsano sono stati costretti a fermarsi in via Magnaghi. I mezzi in partenza dal rione Tamburi ora fanno capolinea al piazzale della stazione ferroviaria e tornano indietro, mentre per i bus in partenza dal capolinea del porto mercantile, non potendo superare il ponte girevole, è stato predisposto il nuovo punto di partenza al Lungomare. Infine, i bus della linea 3 partono dal deposito dell’Amat, in via Cesare Battisti, percorrendo viale Magna Grecia-Dante-Margherita-Unicef-deposito. “L’Amat – aggiunge la nota – sta effettuando ogni sforzo per garantire la mobilità ai cittadini, ma tenendo conto dei blocchi e delle deviazioni imposte, il servizio è in sostanza ridotto al 50 per cento. Inoltre, sempre a causa dei blocchi, sono stati numerosi anche i conducenti impossibilitati a raggiungere il posto di lavoro al deposito di via Cesare Battisti”.
Taranto si blocca, proteste anche a Genova – Si è concluso il presidio dei lavoratori dell’Ilva di Genova, che stamani hanno dato vita ad una manifestazione per protestare contro la chiusura dello stabilimento di Taranto. Il presidio, effettuato sotto la prefettura, si è sciolto dopo l’incontro delle organizzazioni sindacali genovesi con il prefetto Francesco Antonio Musolino. “Il prefetto ci ha fatto presente che da parte del governo ci sono fondate speranze che il Tribunale del Riesame riveda la decisione della magistratura e che questo porti ad un esito positivo – ha detto Franco Grondona, segretario generale della Fiom-Cgil di Genova – Siamo in attesa: ci aggiorniamo a lunedì e se allora ci saranno notizie positive bene, andremo in assemblea e ne parleremo; altrimenti, decideremo per altro. Per chi ha un pò di cervello nella magistratura, con tutto il rispetto, lo adoperi”.
Federacciai: “Sequestro su opinabili valutazioni” – ”Colpire Taranto significa colpire duramente la filiera, con conseguenze economiche e sociali drammatiche”. Così Federacciai, che ha chiesto al Governo “ogni passo possibile per la riapertura dello stabilimento”, avvisando che si pone ‘brutalmente’ il tema della permanenza in Italia di “interi settori industriali”. La vicenda dell’Ilva – continua Federacciai – “ripropone brutalmente il tema della reale possibilità per interi settori dell’industria di base (non solo la siderurgia) di rimanere a operare sul suolo patrio”. Federacciai-Confindustria ha commentato così il sequestro degli impianti siderurgici di Taranto. “Se un impianto in regola con le norme ecologiche, dotato di ‘Aia‘, nel mezzo di un percorso concordato di adeguamento continuo alle sempre nuove migliori tecnologie per la tutela della salute e dell’ambiente può essere chiuso dal provvedimento di un magistrato sulla base di opinabili correlazioni tra esistenza dell’impianto industriale e salute all’intorno, non vi è piu’ alcuna certezza del diritto e della possibilità di svolgere il proprio lavoro in situazione di normale serenità”.
Federmeccanica: “Colpo insopportabile all’industria” – Per il presidente di Federmeccanica Pier Luigi Ceccardi, il provvedimento di sequestro “desta grandissima preoccupazione in tutti gli imprenditori metalmeccanici” e “rappresenta un colpo insopportabile non solo per la siderurgia italiana, ma per tutto il manifatturiero nazionale”. Secondo Ceccardi ora “diventa ineludibile agire con la massima urgenza per trovare soluzioni condivise che, nel riconoscere l’impegno e i progressi compiuti dall’azienda sul terreno della tutela ambientale, consentano la continuità produttiva dello stabilimento. Non solo per il dramma degli 11mila addetti del gruppo e delle migliaia di lavoratori dell’indotto ma per garantire la fornitura della materia prima indispensabile per tutti i settori dell’industria metalmeccanica italiana”.
Vendola: “Ammirazione per il lavoro dei magistrati. E’ finito un incubo, non l’azienda” – “La magistratura – ha sottolineato Vendola – rivendica il dovere di esercitare in profondità il controllo di legalità, indicando nel nodo aggrovigliato di inquinamento, patologia e morte una questione non più sopportabile di violazione dei diritti fondamentali. Ma i provvedimenti del gip non sono un atto di automatico spegnimento della fabbrica. Ora comincia il tempo di una stringente interlocuzione tra azienda e Procura”. Secondo Vendola “non è impossibile coniugare ambiente e industria, salute e lavoro: se l’Ilva interverrà con tempestività con provvedimenti radicali di ambientalizzazione, il siderurgico potrà essere salvato. Vorrei esprimere la mia ammirazione per il lavoro dei magistrati tarantini, la mia solidarietà ai lavoratori che lottano per difendere la propria fabbrica – ha concluso Vendola – il mio auspicio è che Ilva operi con serietà e rapidità per ottemperare a tutte le prescrizioni che dovessero essere individuate come propedeutiche ad un differente orientamento giudiziario della Procura”. Il governatore della Puglia ha inoltre aggiunto ai microfoni del TgCom: “Il procuratore Sebastio e il procuratore generale Vignola hanno offerto indicazioni che chiariscono in questo momento di confusione la vicenda. Il sequestro non significa lo spegnimento dell’Ilva. Non siamo all’ultima parola del più grande siderurgico d’Europa. Siamo in una fase di accertamento di una relazione tra inquinamento e patologie”. Poi ha sottolineato che “la sfida è coniugare le ragioni dell’ambiente e le ragioni dell’industria” e che “il sequestro non significa lo spegnimento dell’Ilva” perché, ha aggiunto, “siamo in una fase di accertamento di una relazione tra inquinamento e patologie”.
Il ministro Clini: “Mi auguro che l’azienda collabori” – Il ministro dell’Ambiente ha specificato che il governo vuole la prosecuzione dell’attività produttiva e ha dichiarato che ”il consiglio dei ministri ha confermato l’impegno con la firma del protocollo d’intesa e il governo è impegnato a sostenerlo”. “Mi auguro che l’azienda collabori con il Ministero dell’Ambiente – ha detto Clini a TgCom24 – per superare i contenziosi che ci sono stati, ho manifestato la mia disponibilità a riconsiderare le procedure. Mi auguro che ognuno faccia la sua parte: Regione Puglia e Ministero hanno il dovere di proseguire nell’esercizio delle competenze per fare in modo che venga rispettata la legge, la magistratura ha un compito diverso e mi auguro che non ci siano interferenze”. Clini ha accolto con soddisfazione la notizia della data del riesame fissata per il prossimo 3 agosto, quando “sarà possibile confrontare le motivazioni che hanno condotto al provvedimento della procura della Repubblica. Mi auguro che ci siano chiarimenti nella prospettiva che il percorso di risanamento vada avanti”. Secondo il ministro infatti l’Ilva può continuare a produrre acciaio e allinearsi rapidamente agli standard e alle indicazioni dell’Ue in 4 anni”. Clini ha ribadito la necessità da parte dell’impresa di “collaborare, di lavorare insieme nell’interesse dei lavoratori e di tutto il Paese perché non possiamo rischiare di perdere questa realtà” e riguardo ad un possibile conflitto di competenze, il ministro ha sottolineato che “al momento non c’è ma potrebbe determinarsi qualora si attuasse la convinzione che il risanamento dell’Ilva arrivasse per via giudiziaria”.