Il sociologo della Sapienza di Roma analizza il successo dei cellulari di ultima generazione e l'attesa per l'ultimo modello della Apple. "A differenza del passato, questi apparecchi forniscono più soluzioni rispetto alle macchine che abbiamo conosciuto finora"
Nulla di ufficiale è ancora stato diramato ma ormai sono in molti a credere che il nuovo iPhone di casa Apple vedrà la luce in autunno. Secondo le prime indiscrezioni la produzione dello smartphone di quinta generazione è partita nei giorni scorsi e le stime degli analisti di J.P. Morgan lo danno come vero dominatore nelle vendite del 2013. Ma a cosa è dovuta tanta attesa per lo smartphone di ultima generazione? Secondo Domenico De Masi, sociologo del lavoro alla Sapienza di Roma, “nel successo di questi apparecchi elettronici confluiscono diversi fattori. Prima di tutto un fattore reale che ci permette di ottenere dalle macchine più di quello che ci promettono: siamo stati abituati ad avere rapporti con macchine che avevano la caratteristica peculiare di rispondere molto bene ad una sola domanda. Devo stirare: stiro; devo raffreddare: raffreddo; e così via”. Nel caso dello smartphone, invece, “ci troviamo di fronte ad una macchina che sa dare più risposte di quante noi siamo in grado di chiedere”.
Un’ evoluzione epocale legata alla nascita dell’elettronica, che ci ha consentito di ricevere dalle macchine “più risposte di quante domande abbiamo bisogno di fare loro”. A questo primo fattore si unisce un secondo aspetto legato alla storia dell’umanità: “Prima dell’Illuminismo – continua De Masi – la perfezione era riservata agli Dei e i primi ingegneri della storia dell’uomo vennero puniti. Tutto è cambiato con Galileo e l’evoluzione industriale. La tecnologia ha iniziato ad affascinare. E a stupire”. Se da una parte l’uomo era intrigato dalla tecnologia e dalle risposte che forniva, ne è anche diventato vittima. E forse in modo inconsapevole.
“Le prime macchine hanno sostituito posti di lavoro poi riconvertiti nella costruzione degli stessi macchinari. Ma con l’avvento dell’informatica, questo equilibrio si è incrinato. La tecnologia ha sostituito milioni di persone. Prendiamo ad esempio l’iPad: è stato progettato da un team di 300 tecnici a Cupertino e prodotto da 20mila persone in Cina. Poco più di 20mila persone hanno così eliminato chi si occupava della legna per la carta, fino ai camionisti che trasportavano i tronchi, agli addetti alle cartiere, le tipografie, i camioncini per la distribuzione alle edicole”. Per quanto riguarda invece il successo di Apple degli ultimi tempi, secondo l’analisi di De Masi, gran parte è da attribuire all’estetica e al marketing. “La mobilitazione pubblicitaria della nostra società non è seconda a nessuno: se un archeologo trovasse gli spot a distanza di anni probabilmente penserebbe ad un popolo bisognoso di carta igienica, patatine fritte e smartphone. E in quest’ottica Apple ha saputo fare la differenza con spot semplici, funzionali e lineari. A questo si deve aggiungere che un telefonino non è più ‘solo’ un telefonino, ma un registratore, una calcolatrice, che include giochi, email, internet”. Tutti fattori che rendono lo smartphone “irresistibile”, nonostante la crisi.