“Il consumatore vota ogni volta che va a fare la spesa” è uno dei motti più conosciuti di Ralph Nader, storico fondatore del movimento consumerista negli Stati Uniti.

Questo perché scegliere un prodotto o un altro, privilegiare un tipo di consumo o un altro è un modo diretto per incidere sul mondo che ci circonda e sui meccanismi che lo fanno funzionare.

Da qualche settimana, sul sito di Coopambiente è disponibile un calcolatore per misurare quanto pesa la spesa che facciamo in termini di emissioni di CO2, o, per dirla più scientificamente, qual è il suo Carbon footprint.

A differenza di molti altri calcolatori da tempo disponibili (i più noti certamente sono quelli del WWF e quello del network ufficiale del Carbon Footprint), questo calcolatore non restituisce un numero nudo e crudo, ma è correlato e rapportato ai principi di una corretta ed equilibrata dieta mediterranea.

I principi ai quali si fa riferimento sono quelli indicati nelle linee guida per una sana alimentazione italiana, pubblicate dall’Istituto nazionale di Ricerca per gli alimenti e la Nutrizione.

Questo perché, se da un lato è innegabile che vi siano differenze consistenti nell’impatto ambientale dei prodotti, è anche vero che a far la differenza per l’ambiente è il consumo più o meno equilibrato che se ne fa.

Un esempio tipico è la carne, che ha un peso molto superiore alla verdura o alla pasta come emissioni di CO2 legate al ciclo di vita del prodotto, ma, se consumato all’interno di una dieta equilibrata (secondo le linee guida va consumata 3-4 volte la settimana), produce un impatto sull’ambiente assolutamente sostenibile.

La premessa culturale di tutte queste attività è che, se si vuole uno sviluppo sostenibile, dobbiamo imparare a pesare le nostre scelte, ma, anche quando conosciamo qual è l’impatto di un prodotto ed abbiamo fatto scelte sostenibili, non dobbiamo sottovalutare i nostri comportamenti di consumo quotidiani.

Facciamo qualche esempio: per prodotti come la pasta, l’impatto della fase di cottura casalinga può valere anche quanto tutta la fase di produzione di un prodotto come il the, in quanto il 70% delle emissioni dipende dall’energia necessaria a far bollire l’acqua.

Altro esempio: se compro un dentifricio con un packaging ridotto e poi lascio aperta l’acqua mentre mi lavo i denti, azzero tutti i benefici. I miei comportamenti nel post acquisto diventano così decisivi. Per non cadere nel paradosso di chi ha il fotovoltaico sul tetto di casa e non spegne le luci o chi ha  Suv a metano perché così inquina meno.

Così come non bisogna cadere nell’ossessione del numero: se consideriamo il solo Carbon footprint, l’energia nucleare è uno dei sistemi con minore impatto, ma è chiaro che ci sono ben altre considerazioni che si devono fare sulla sostenibilità complessiva del nucleare. Quindi un indicatore che misura le emissioni di Carbon footprint al momento della spesa è sicuramente uno strumento positivo, ma bisogna ricordare che, per effettuare scelte sostenibili, servono anche e prima di tutto buon senso ed equilibrio.

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