Il giorno dei funerali di Loris D’Ambrosio non era proprio quello giusto. Ma ci ha pensato invece il segretario di via dell’Umiltà, Angelino Alfano, ad avvelenare ancora di più gli animi, ricordando che è l’ora di approvare la legge sulle intercettazioni, più nota come ‘legge bavaglio’. Poi, inaspettatamente, è arrivato anche il Csm a dire, più o meno, la stessa cosa. E tutto è diventato improvvisamente fin troppo chiaro. Il ministro della Giustizia, Paola Severino, è riuscita fino ad oggi a bloccare l’approvazione definitiva del provvedimento, firmato proprio Alfano che giace alla Camera, sostenendo di dover porre alla maggioranza alcune sue personali modifiche attraverso un nuovo ddl.
Insomma, niente si stava più muovendo in attesa delle comunicazioni del ministro, ma l’affaire Quirinale e lo sgomento per la morte di D’Ambrosio erano un’occasione davvero troppo ghiotta per non convincere i berlusconiani a strumentalizzare il tutto a loro vantaggio. Napolitano era in aereo di ritorno da Londra che Alfano ha dato fuoco alle polveri: “Noi da mesi – ecco l’ex Guardasigilli – aspettiamo la proposta del governo sulle intercettazioni così come concordato con il presidente Monti, con il ministro Severino e con gli altri leader che sostengono il governo. Su questo argomento non pazienteremo ancora a lungo”. E mentre il capogruppo Pdl, Fabrizio Cicchitto, gli faceva eco, annunciando che “a settembre riproporremo una proposta in materia che tenga conto del disegno di legge già calendarizzato più volte”, un nuovo attore, si diceva, ha fatto ingresso in scena: il Csm.
Non è la prima volta che l’organo di autogoverno della magistratura, presieduto da Napolitano, s’interessa dell’argomento. Ma ieri il vicepresidente, Michele Vietti, ha svelato le prossime intenzioni dell’organismo: dopo la sollecitazione arrivata dall’azione del Quirinale verso la Corte Costituzionale, in pratica era impossibile tacere. “Vogliamo verificare – ha detto – la corretta applicazione dell’articolo del Codice che già oggi prevede una udienza in cui, su richiesta del pm e dei difensori, il giudice decide quali intercettazioni inserire nel fascicolo dibattimentale, escludendo quelle manifestamente irrilevanti”, prassi – a dire di Vietti – troppo spesso disattesa.
Ma quanto ha influito sull’iniziativa del Csm la vicenda del Quirinale? “La questione è diversa, tuttavia – ha ammesso il vicepresidente del Csm – il fatto che la Presidenza della Repubblica abbia deciso di sollevare il conflitto di attribuzione di fronte alla Corte Costituzionale, ha contribuito a riporre all’ordine del giorno il tema delle intercettazioni; dove non mancano le proposte di riforma”, mentre mancherebbe, sempre a detta di Vietti la volontà di passare dalle parole ai fatti”. “Non da parte nostra”, gli ha risposto subito, beffardo, Cicchitto. Insomma, l’affaire Quirinale ha convinto una serie di attori in campo a concentrare gli sforzi per arrivare, in tempi brevi, alla riforma. Di sicuro, prima delle elezioni.
La ministra Severino ha le sue idee sull’argomento di cui aveva parlato più volte proprio con lo scomparso consigliere giuridico del Quirinale, per preparare una serie di modifiche, anche alla normativa vigente, che potessero trovare ampio consenso da parte della maggioranza. Ora, però, l’impressione è che l’interesse a regolamentare la materia coinvolga ambienti ben più ampi e alti di quelli di via dell’Umiltà. Un’impressione tanto evidente da mettere in allarme la stessa Federazione Nazionale della Stampa, costretta ad avvertire di non attuare modifiche restrittive perché non saranno mai “accettabili bavagli: né per un giornale, né per un’intera categoria”. Però, il sospetto che già la prossima settimana, alla Camera, possa arrivare qualche colpo di scena è dato ormai quasi per scontato. “Ma, non è una cosa seria, è un gioco di società…”, giudica il responsabile Giustizia dell’Italia dei Valori, Luigi Li Gotti. Peccato che troppi indizi, per dirla come Di Pietro, facciano una prova.
da Il Fatto Quotidiano del 29 luglio 2012