Uno studio coordinato da ricercatori della Duke University (Usa), pubblicato su 'Nature Genetics', ha permesso di identificare il difetto responsabile della patologia: il gene imputato si chiama ATP1A3 e la sua scoperta è la prima tappa verso la messa a punto di un farmaco specifico ed efficace.
Dalla ricerca genetica nuove speranze contro l’emiplegia alternante (Alternating Hemiplegia of Childhood, Ahc), una malattia neurologica molto rara (un caso per milione di abitanti) caratterizzata da attacchi ricorrenti di emiparesi e tetraparesi scatenati da fattori come stress, emozioni o cambiamenti di temperatura. In tutti i pazienti, per lo più bambini, è presente una disabilità motoria e intellettiva, e il 30% soffre di crisi epilettiche. Uno studio coordinato da ricercatori della Duke University (Usa), pubblicato su ‘Nature Genetics‘, ha permesso di identificare il difetto responsabile della patologia: il gene imputato si chiama ATP1A3 e la sua scoperta – sottolinea l’associazione Aisea Onlus, che raggruppa 48 famiglie italiane con figli malati di emiplegia alternante – è la prima tappa verso la messa a punto di un farmaco specifico ed efficace. Ma soprattutto, in tempi molto più brevi potrà portare allo sviluppo di un test diagnostico ad hoc, per abbattere le diagnosi sbagliate o tardive.
Il gene identificato codifica per una proteina che regola il traffico di sodio e potassio nei neuroni. I ricercatori lo hanno stanato sequenziando l’esoma (la parte di Dna che contiene le istruzioni per fabbricare le proteine) di sette pazienti. Successivamente, grazie a una collaborazione internazionale promossa e sostenuta dalle tre principali associazioni di pazienti, in Italia, Francia e Stati Uniti – spiega Aisea in una nota – i laboratori genetici e i centri clinici di 13 nazioni si sono uniti per analizzare altri 95 pazienti. E’ risultato così che in oltre 3 casi studiati su 4 (75%) all’origine dell’emiplegia alternante c’è proprio un difetto del gene ATP1A3. Mutazioni dette ‘de-novò, cioè presenti solo nei pazienti e non nei genitori. Per l’Italia, l’Istituto di genetica medica dell’università Cattolica di Roma ha partecipato allo studio con il supporto organizzativo di Aisea che – evidenzia l’Onlus – ha messo a disposizione la casistica più ampia contenuta nella Biobanca e nel Registro clinico Ibahc. Grazie a questo progetto sono stati raccolti dati e campioni biologici di 38 malati. La Biobanca è ospitata nei laboratori dell’Irccs E. Medea di Bosisio Parini (Lecco).
“L’emiplegia alternante – ricorda l’associazione pazienti Aisea – è una delle molte malattie rare non ancora riconosciute dallo Stato italiano ai sensi del Decreto ministeriale sulle malattie rare N. 279/01, e non le è stato ancora concesso un codice di esenzione necessario per la presa in carico dei pazienti che ne sono affetti da parte del Servizio sanitario nazionale. “Fino ad oggi – puntualizza l’Onlus – il costo per la ricerca e per il sostegno alle famiglie è stato quasi interamente sostenuto dalle loro associazioni, attraverso il lavoro volontario e le donazioni di privati cittadini. Speriamo che questa importante scoperta e la conseguente maggior conoscenza delle caratteristiche e delle cause genetiche di questa malattia possano finalmente sensibilizzare le istituzioni pubbliche, le organizzazioni scientifiche e farmaceutiche, e i grandi finanziatori della ricerca biomedica”. “A tutti loro – conclude Aisea – chiediamo un contributo per sostenere le fasi successive della ricerca, necessarie per arrivare alla messa a punto di un farmaco efficace per l’emiplegia alternante e per promuovere una migliore assistenza socio-sanitaria per le persone che ne sono colpite”.
Fonte – AdnKronos Salute