Gli enti pubblici rimasti a finanziare la manifestazione cattolica sono passati da otto a tre (Lombardia, l'Abruzzo e l'Emilia Romagna) e verranno a mancare oltre un milione e mezzo di euro in cassa. Tra gli invitati che hanno risposto sì non ci sarà la platea sconfinata dell'anno scorso e ci si accontenterà di Monti e Passera
Quest’anno resistono la Lombardia, con i suoi 84.700 euro stanziati attraverso una delibera di giunta approvata mercoledì, l’Abruzzo – che con tutti i guai che ha da risolvere si ostina a contribuire alla cassaforte celeste – e l’Emilia Romagna che, comunque, con la carica dei ciellini raggiunge l’apice della stagione balneare e un indotto che produce fatture per 80 milioni da euro. Soldi queste tre regioni ne versano, ma sono briciole in confronto allo scorso anno. Tutti gli altri, nonostante una prima promessa iniziale, hanno preferito tenersi alla larga dal Meeting e dalle polemiche.
Ma nella contrapposizione dei colori non c’è solo il rosso del bilancio, ma anche la grande assenza del celeste, Formigoni appunto, che a Rimini l’ha fatta da padrone per 32 anni e sessanta dibattiti a cui ha partecipato. È il suo popolo quello che ogni anno si dà appuntamento a Rimini, il suo bacino elettorale, la forza che lo ha spinto fino al piano alto del Pirellone e a un passo dalla leadership del Pdl. In un anno le cose cambiano, ed è successo quello che la scorsa estate non era neppure preventivabile: Roberto, come lo chiamano le migliaia di ragazzi che nel Meeting credono e lavorano, quest’anno è la fonte di imbarazzo, l’uomo della rottura tra quelli che lo assolvono perché “Dio perdona tutti”, quelli che più che la giustizia divina aspettano quella giudiziaria, prima di pronunciare la parola colpevole. E quelli che lo accusano di “alto tradimento” della fiducia che in lui avevano riposto, ignari di quello che poteva accadere lontano dai padiglioni di Rimini.
Un’estate fa c’erano il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, imprenditori del calibro di Yaki Elkann, il ministro Giulio Tremonti, Angelino Alfano, appena promosso leader del Pdl, il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, Enrico Letta, Maurizio Sacconi, Gianni Alemanno, Piero Fassino, Roberto Calderoli e via via tutti i nomi del potentato d’Italia. Quest’anno le uniche presenze che fino a oggi non sono in discussione sono quella del presidente del Consiglio, Mario Monti, e quella del ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera.
Il resto dei dibattiti è riservato a nomi di assoluto rispetto, ma che niente hanno a che vedere con la platea sconfinata dello scorso anno. Il giallo sulla presenza di Formigoni. Per il momento il celeste è dato tra i probabili. Cioè tra quelli che ufficialmente sono stati invitati, ma che non hanno confermato. Difficile che Giorgio Vittadini, anima e portafoglio del meeting e presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, non lo sappia. Se una conferma arriverà, il suo sarà un intervento politico su “Lombardia: presente e futuro”. E il futuro nessuno meglio di Formigoni può saperlo.
Gli sponsor sono in fuga. Il fatturato di Cl, e della sua cassaforte che porta il nome di Evidentia communications, sede a Milano, è in calo. E a leggere le defezioni dell’ultimo minuto, il dubbio che l’effetto Formigoni abbia influito è forte. L’ufficio stampa del meeting parla di crisi, ma in realtà, molti dei privati e pubblici che dovevano versare denaro sono scomparsi. Hanno detto no la Regione Sardegna – che l’anno scorso mise, grazie a un assessore vicino a Cl,100.000 euro – il Friuli Venezia Giulia e il Veneto di Luca Zaia che l’anno scorso c’era. Via anche i ministeri: l’anno passato in piena fase calante berlusconiana, la presidenza del consiglio si inventò la casa welfare, stand nel quale mettevano soldi il ministero del Lavoro, Inps, Inpdap, Inail, Italia Lavoro e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip).
Quest’anno Comunione e liberazione si dovrà accontentare della presenza di Monti. Ma tra le defezioni chi continua a sponsorizzare Cl, noncurante delle polemiche, è la Regione Lombardia. Oltre 84 mila euro per la “promozione turistica della Lombardia”, e altre migliaia di euro per gli spazi pubblicitari di Trenord, compagnia ferroviaria partecipata dalla Regione tramite la sua Ferrovie Nord Milano. Da anni ci provano i consiglieri dell’opposizione, ma la delibera che assegna soldi al meeting viene sempre fotocopiata, riproposta e approvata.
I soldi dei privati. I colossi che più di tutti contribuiscono alla messa in opera del meeting, oltre agli ottomila volontari che pagano per andare a dare una mano, si chiamano Intesa San Paolo, Enel, Finmeccanica e Wind. A seguire Coop, Trenitalia, Eni e Fiat.