“In Italia ci vuole la rivoluzione”. Anzi no, la deconstruction. Vasco Rossi torna a parlare al suo popolo attraverso i suoi amati clippini e questa volta lo fa per discutere di politica. Una politica che, nel Belpaese, “è troppo impopolare e di risolvere i problemi della gente non ne ha voglia”. La giusta ricetta per salvare questa nazione “che sta andando a rotoli”, è un’azione drastica, “la rivoluzione”. Ma, spiega il Blasco ai 3 milioni abbondanti di ‘amici’ iscritti alla sua pagina Facebook, “le rivoluzioni sono terribili, sono tragedie terrificanti, spaventose, con massacri, sangue e sofferenze. No, c’è una nuova parola che forse è quella utile, il decostruttivismo”. Un concetto teorizzato dal filosofo francese Jacques Derrida che auspica alla de-costruzione di ciò che è stato costruito. “Un processo meno violento della rivoluzione – spiega il Kom, in cattedra sulle note di Harvest di Neil Young – secondo cui se tutti fanno un passo indietro si può trovare il modo di risolvere”.

Come Mina prima di lui, anche il Blasco sembra quasi tendere a quel modello provocatorio, irriverente e fatto di parole forti impersonato da Beppe Grillo. Che l’8 settembre 2007 lanciò il Movimento 5 Stelle attraverso un’iniziativa popolarissima che seppe riempire, a una a una, tutte le principali piazze italiane. Il Vaffa Day. Anche Vasco, così come Grillo, invoca il cambiamento, contesta la classe politica attuale, futura o passata e analizza, problema dopo problema, i mali che, a suo parere, affliggono l’Italia. Non ha paura di usare frasi dure e richiami populisti per spiegare ai fan quali sono i più grossi guai del Belpaese.

“La giustizia, che non funziona perché è troppo lenta”. Il primo nodo da sciogliere per il Kom riguarda proprio il potere giudiziario. In Italia, spiega Vasco, “i processi durano troppo tempo, attendere praticamente 10 anni solo per una sentenza non ha senso”. E l’organo che dovrebbe vigilare, “la polizia non riesce a controllare il territorio”. Così, prosegue il neosposo Rossi “il 90% dei reati non viene neanche perseguito, e quindi il territorio da chi è controllato? Dalla malavita”.

“La macchina dello stato, la macchina burocratica, che in questi 40 anni è stata fatta crescere a dismisura, a partire dai governi democristiani, che facevano assumere gente solo per raccogliere voti” è il secondo noto da sciogliere in Italia per il rock filosofo. Così, incalza il Kom “abbiamo una macchina statale dove c’è il 50 – 60% di personale in più, che gode di diritti, in quanto lavoratori statali, che non si capiscono, visto che sono lavoratori come gli altri”. Tra l’altro, sottolinea Rossi, “non c’è nessun controllo sull’efficienza dell’ufficio, del lavoro. Diciamoci la verità, costano molto e non funzionano”.

Il terzo e ultimo problema individuato dal rocker di Zocca riguarda le tasse.  “Sono troppo complicate, tanto che non si sa chi deve pagarle e in che modo deve farlo”. Col rischio che poi arrivi la guardia di finanza, e che scatti la multa. No, per Vasco “le imposte dovrebbero essere semplici da calcolare, come succede in America”. Il sistema migliore sarebbe, spiega il rocker, tenere le ricevute fiscali relative alle spese effettuate, detrarre il totale da ciò che si è guadagnato in un anno e sulla cifra che rimane, calcolare il 30%. “Se tutti pagassero le tasse su quello che prendono basterebbe – sottolinea Vasco – Ma in Italia l’80% non lo fa”. Quindi, conclude Kom, “le tasse devono essere semplici perché così non si può sbagliare, e se non si pagano si deve andare in galera”.

Questi, per Vasco, sono i primi di una lunga lista di problemi che affondano l’Italia. “Mali da curare” per ripristinare l’ordine e la democrazia in un paese che da troppi anni, ormai, avvantaggia i “soliti noti”.

“Qui bisogna darsi una mossa – avverte il cantautore modenese – non c’è speranza se non si fa qualcosa di veramente drastico. I politici stanno lì, chiacchierano, approvano qualche leggina sul traffico, non si preoccupano della nostra salute. Fanno gran bei discorsi in Parlamento. Lontanissimi dal concetto di lotta politica”.

Ma “la politica è una guerra continua, una lotta fatta senza bisogno di colpi per vincere il potere, che usa tutti i mezzi possibili, anche i più abietti, per avere il governo. Io sono pronto, bastano 300 – 400 volenterosi giovinastri che non hanno paura di prendere qualche colpo, e anche, forse giocarsi la pelle. Poi avrei un’idea”.

Di questa idea Vasco per ora non parla, ma sulle note di Neil Young che chiudono il clippino, lascia il discorso in sospeso. In attesa, forse, che il momento giusto arrivi. O magari, come dimostrano i risultati dell’ultima tornata elettorale, è già arrivato.

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