Il celebre regista di Lanterne Rosse avrebbe incassato oltre 200 mila euro per uno spot propagandistico mai proiettato. L'inchiesta ha rivelato un giro vorticoso di mazzette tra i dirigenti dell'azienda. Un anno fa ci fu l'incidente di Wenzhou, in cui morì una italiaana, e la cui commemorazione è stata censurata dal governo
Zhang Yimou lo aveva precisato subito, quando nei mesi scorsi era venuta fuori la notizia: “Non ho preso neanche uno yuan da questo film, ho dato solo qualche consiglio e ho chiesto che il mio nome non fosse associato alla produzione”. Poi una volta scoppiato lo scandalo, ha dovuto ammettere. Il regista di “Heroes”, “Lanterne Rosse” e molti altri successi internazionali, nonché della cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Pechino, ha infine confessato di aver ricevuto oltre 200 mila euro, per una sorta di direzione artistica di uno spot propagandistico per il ministero delle Ferrovie cinese.
Forse – negando in una prima istanza il suo coinvolgimento – il regista che ha vinto quattro leoni d’oro alla mostra di Venezia subodorava qualcosa di poco chiaro, dietro quel progetto: quasi 3 milioni di dollari per la realizzazione di un film di propaganda sui successi delle ferrovie cinesi. Era il 2010. Chinese Railways, il nome dello spot di cinque minuti, è costato infatti 2,3 milioni di euro. E non solo: stando a quanto rilasciato da alcuni insider e quanto rivelato dall’Economic Information Daily, un supplemento dell’ufficiale Xinhua, alcuni funzionari avrebbero intascato fino a sette milioni di rmb (circa 900mila euro) in mazzette. E il quadro è completo: parecchi soldi per un film, praticamente mai proiettato al pubblico (che sui social network lo ha definito “scadente”) e che ha visto come protagonisti i consueti funzionari e le solite tangenti.
Il metodo utilizzato è molto semplice: per i budget statali superiori a certe cifre in Cina è necessario presentarsi ad una gara pubblica. In molti casi però i funzionari creano aziende fantoccio e cominciano una girandola di contratti: in ognuno dei passaggi si mette in tasca qualcosa, arginando ogni tipo di controllo burocratico. Da tempo, però, l’attenzione nei confronti di tutto ciò che concerne le ferrovie statali, è molto più rigorosa, dati i precedenti. In questo modo lo scandalo è stato comunicato direttamente dall’agenzia di stampa governativa. Le ferrovie cinesi sono da tempo nell’occhio del ciclone. Un anno fa ci fu il grave incidente di Wenzhou, dovuto allo scontro di due treni proiettile, che ha causato la morte di 40 persone, tra cui una ragazza italiana. Poi sono arrivate le indagini sull’ex ministro, espulso addirittura dal Partito.
Nel maggio scorso – non a caso – la stampa locale tuonava: “L’organo di controllo del Partito ha concluso un’indagine durata 15 mesi sul caso di Liu accertandosi che avrebbe gravemente violato la disciplina di Partito e avrebbe commesso degli atti criminali.” Liu Zhijun era stato il ministro delle ferrovie per otto anni a partire dal 2003 – un periodo già di per sé ben più lungo del normale. Prima era stato vice ministro nello stesso dicastero, fin dal 1996. Nel 2011 era partita un’indagine per corruzione. Le origini delle dissestate ferrovie cinesi sono da imputare alle condizioni generali del Ministero, che già nel 2010 era in pessime acque. Stando a quanto affermato dalla stampa nazionale nel novembre del 2011 l’autorità ferroviaria risultava indebitata al punto da abbandonare alcuni grandi progetti. Il Ministero delle ferrovie era debitore di oltre 160 miliardi di yuan (quasi 19 miliardi di euro) nei confronti dei contraenti di progetti importanti come la China Railway Group e la China Railway Construction Group. Una situazione talmente grave che il governo aveva dovuto bloccare ogni forma di prestito bancario. Wang Mengshu, dell’Accademia cinese di Ingegneria, aveva raccontato le ragioni della crisi sostenendo il rischio che questa potesse impattare più in generale sull’economia cinese: “alcuni progetti di costruzioni chiave nel nord ovest del paese non possono permettersi di pagare gli stipendi dei lavoratori per i prossimi quattro mesi”.
La gravità della situazione venne poi testimoniata da parecchi processi, arresti, ed espulsioni dal Partito. Anche Hu Shuli, nota commentatrice economica cinese aveva lanciato l’allarme: “L’enorme debito delle ferrovie, aveva scritto sulle colonne del South China Morning Post, tiene in ostaggio l’intera economia cinese”. La notizia dell’ingaggio milionario di Zhang Yimou e le mazzette annesse, infine, arriva pochi giorni dopo la censura governativa da parte di ogni forma di commemorazione dell’incidente di treno di Wenzhou. Una mancanza di umanità da parte delle autorità, stigmatizzata e ferocemente criticata dal web cinese, che sempre meno sembra disposto a sopportare le malefatte dei funzionari in settori così nevralgici per la vita sociale locale, come quello dei trasporti.
di Giulio Abbadie