Con la nuova norma sui medicinali “griffati” contenuta nella spending review il medico può indicare la marca del farmaco nella ricetta, anche se resta l’obbligo di specificare anche il principio attivo. Questo riapre il dibattito sui farmaci generici che vede i medici sono dubbiosi, i farmacisti obbligati, le aziende farmaceutiche che devono diversificare con linee di produzione per brand e generici. Ed i pazienti? I pazienti subiscono le decisioni delle Istituzioni, delle aziende farmaceutiche e dei farmacisti senza essere, spesso, informati e “protetti” dai medici che incontrano sul loro cammino di “malati”. 

Ma se un farmaco generico deve essere “essenzialmente simile” sarà uguale come effetto clinico, sia terapeutico che come complicanze? Chi meglio del Ministro della Salute potrebbe chiarire i dubbi prima di diffondere, come da tempo vorrebbe fare, questi prodotti?

Prima di scegliere fra farmaco e generico basterebbe che fossimo certi dei controlli, seri e certificati, sulle linee di produzione indispensabili per ridurre, o meglio annullare, quel  venti per cento di tolleranza di biodisponibilità che, a volte, l’organismo non tollera e che può essere l’inizio di complicanze per il paziente. In questa ottica, forse, bisogna intendere il passo indietro del governo che voleva imporre ai medici di scrivere sulle ricette esclusivamente il principio attivo autorizzandoli invece a scrivere quello commerciale del brand quando sia “necessario

Ma quanto è interesse del paziente e quanto quello delle multinazionali del farmaco? Sarà risparmio sano o, in qualche modo, malato? E se invece tutti i farmaci li chiamassimo “specifici”?

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