Tutta colpa degli iPhone
A passeggiare per le strade del centro di Helsinki, in una delle rare giornate di sole di questa fine estate (per i finlandesi) sembra davvero di essere in un Paese lontano dai tumulti dello spread, pacifico e noioso come vogliono gli stereotipi, con una politica mansueta (nel governo conservatore di Jyrki Katainen ci sono sei partiti, trasversali, restano fuori i Veri Finlandesi del populista Timo Soini). Ma basta arrivare nel quartiere di Ruoholahti, tre fermate di metro dal centro, per cogliere l’aspetto più evidente di quelle difficoltà che i finlandesi preferiscono non vedere: il centro ricerche della Nokia occupava un intero isolato. I grigi palazzi nello stile vagamente sovietico di Helsinki dominano ancora la zona, ma l’insegna della Nokia è sparita. Ufficialmente si stanno trasferendo vicino all’università, ma la notizia della chiusura del centro è arrivata a giugno, assieme all’annuncio che la più importante impresa del Paese tagliava 10mila posti nel mondo. “È il mio ultimo giorno, oggi si ferma quel poco che era rimasto in questa ala del centro, ma non voglio parlare di crisi, va tutto bene”, dice un nervoso impiegato mentre, da solo, fuma una sigaretta nel cortile. Gli smartphone della Apple (iPhone) e della Samsung (Galaxy) hanno spiazzato l’impresa che ha praticamente inventato i cellulari e che era arrivata a produrre il 2,6 per cento del Pil della Finlandia nel 2008 (poi la quota è scesa attorno all’1,5). Nell’ultimo trimestre i ricavi sono risultati in calo del 26 per cento rispetto al 2011. L’alleanza con Microsoft potrebbe rilanciare l’azienda, che non può sbagliare le prossime mosse. Ma la Finlandia non è più così sicura di essere ancora un “Paese-Nokia”.
Eppure i finlandesi non sembrano preoccupati di veder vacillare il loro campione nazionale, l’azienda che in vent’anni ha trasformato un Paese che viveva di agricoltura, legname e poco altro in un centro di alta tecnologia, che può pensare di crescere grazie anche ai simpatici uccelli del videogioco Angry Birds della Rovio (popolare sugli smartphone, proprio il mercato che Nokia sta perdendo). Gli abitanti di Helsinki paiono sadici nei confronti della Grecia, compiaciuti per la punizione dell’edonismo spagnolo e soddisfatti della austerità italiana, giusto contrappasso per gli anni di Silvio Berlusconi, detestato in Finlandia per le gaffe con l’ex premier Tarja Halonen (si vantò di averla sedotta per ottenere in Italia la sede di un’agenzia europea) e per aver incarnato l’opposto dell’etica calvinista nella gestione della cosa pubblica che prevale in Finlandia.
Europei senza entusiasmo
“I finlandesi non hanno grandi europeisti nella loro storia, si sono convertiti all’euro per necessità, non potevano restare esclusi dal mercato europeo. Ma hanno conservato un rapporto forte con la Russia e sanno che se le cose dovessero degenerare, possono sempre appoggiarsi agli altri Paesi scandinavi”, spiega Nicola Rainò , giornalista e traduttore che da 20 anni vive a Helsinki dove dirige un sito di news in italiano, larondine.fi. Finora la Finlandia ha potuto comportarsi come se la crisi dell’euro non la riguardasse perché, dal punto di vista contabile, è il Paese più virtuoso d’Europa: ha un Pil che è circa un decimo di quello italiano (191 miliardi), mentre noi andiamo in recessione loro crescono del 3,7 per cento nel 2010, del 2,9 nel 2011, per il 2012 si fermeranno a un dignitoso 1,5. Il debito pubblico è al 44 per cento del Pil, perfino al di sotto della soglia consentita dai parametri di Maastricht, il 60 (l’Italia si avvia a superare il 123 per cento). I conti di Helsinki sembrerebbero lo spot del rigore che fa bene, dei tagli che migliorano la qualità della vita e della democrazia.
Le cose sono un po’ meno gradevoli. “Intanto il celebrato welfare nordico non è più quello di una volta, la qualità dei Centri medici pubblici, l’equivalente delle Asl, è così scaduta che ormai sono ribattezzati ‘centri del lotto’, guarire è una questione di fortuna. Chi può permetterselo si rivolge solo ai privati”, racconta sempre Rainò. E perfino la Banca di Finlandia avanza parecchi dubbi sulla reale virtuosità del Paese: le esportazioni rallentano, ma i consumi interni le compensano. La spesa delle famiglie non pare risentire della frenata del Pil: nel 2011 è salita del 3,3 per cento, nel 2012 aumenterà dell’1,5, idem nel 2013. Ma i redditi non stanno crescendo con la stessa rapidità, tanto che la Banca di Finlandia stima che il tasso di risparmio arriverà a zero nel 2014. I debiti delle famiglie sono arrivati a 110 miliardi, praticamente il 107 per cento del reddito disponibile.
Modello subprime
Come si spiega che i finlandesi così virtuosi in pubblico siano sommersi dai debiti in privato? Con garbo la Banca di Finlandia suggerisce che ci sia una bolla immobiliare pronta a scoppiare: dal 1997 i prezzi delle case hanno iniziato a discostarsi dall’andamento degli affitti, segnale che il valore degli immobili non rispecchia più la loro redditività potenziale ma la facilità di speculare. Un’economia reale che rallenta, i consumi che reggono grazie al debito e alla fiducia nella salita dei prezzi delle case. Più che alla Germania, la Finlandia assomiglia agli Stati Uniti del 2007, alla vigilia della crisi dei mutui subprime. La fine della (relativa) serenità finlandese potrebbe forse mitigare la durezza della loro politica europea, ma renderebbe ancora più debole la già fragile architettura dell’euro.
Twitter @stefanofeltri
Il Fatto Quotidiano, 1 agosto 2012