Niente. Non ci riesco. Non resisto, devo scriverlo per forza questo post. Sono giorni che cerco di pensare ad altro, di fare finta di niente, di non dare troppo peso a certe cose.
Questo post lo devo scrivere. È che proprio al presidente Mario Monti manca il senso della misura.
Da giorni leggo opinioni, commenti a differente grado di incazzatura e sorpresa sulle parole di pietra del presidente Mario Monti riguardo a questa “generazione perduta”.
Io ne faccio parte. In pieno. Tra l’altro sono uno di quelli che se ne sono dovuti andare dall’Italia. Mi sembra che siamo andati via in due milioni negli ultimi dieci anni. Due milioni.
Dice che vuole limitare i danni. Ora.
Forse noi che oggi abbiamo tra i trenta e i quarant’anni avremmo dovuto pensarci prima. Negli anni ottanta, quando tutto luccicava. Quando gli squali diventavano i padroni di questo paese, quando tutto era bello, tutto era possibile, quando ci si diceva, bambini, che saremmo stati dei numeri uno. Tutti dei numeri uno, perché era il decennio rampante. Forse è lì che avremmo dovuto capire. Fare lo sciopero dei giocattoli. Incazzarci con i nostri stessi genitori. Avremmo dovuto ribellarci, allora sì, contro una generazione, quella di Mario Monti, che ci ha schiacciato. Che ci ha cancellato. Che ci ha devastato il futuro.
Siamo stati noi i colpevoli, presidente Monti.
Quando avevamo pochi anni e Mario Monti era prima rettore e poi presidente della Bocconi, dopo la morte di Giovanni Spadolini, di cui prese il posto, negli anni rampanti dei socialisti, del craxismo prima del collasso, noi “generazione perduta” dovevamo smettere di giocare a pallone e alzare la testa. Quando ci confezionavano, quelli come Mario Monti, il paese che fa schifo, il paese nel quale non ci siamo mai integrati, il paese che ora si accorge che ci ha “perduto”, era allora che avremmo dovuto ribellarci, far sentire la nostra voce, magari pisciare sulla moquette. Un avvertimento. Così, a sfregio.
Sono molti anni che quelli come me sanno perfettamente che non siamo “perduti”, bensì “fottuti”, perché le parole sono importanti. Si perdono le chiavi di casa. Si perde una partita di calcio. Si perde l’orientamento. Non si perde una generazione. Una generazione si “distrugge”, una generazione si “sacrifica”, una generazione, appunto, si “fotte”.
Ecco, dicevo, sono anni che noi lo sappiamo, e ognuno è corso ai ripari come ha potuto. Alcuni hanno avuto più fortuna di altri. Spesso altrove. Alcuni sono rimasti schiacciati. Quasi tutti quelli che se ne sono andati, hanno trovato una dimensione diversa. In qualsiasi altro luogo. Anche qui in Messico, dove lo sport olimpico è mozzare le teste alla gente.
E nonostante questo, nonostante siano parole che ci parlano di qualcosa di noto, come quando sali sull’aereo e senti la hostess ripetere all’infinito dove sono le uscite di emergenza, continua a fare schifo sentirle dire in modo così sfacciato e preoccupato dal presidente del consiglio. Perché quelli come lui sono responsabili. Non si chiami fuori. Lui è parte del problema.
Ora, qui non si pretende fare un processo a Mario Monti, né si pensa che ci siano delle ricette magiche. Lui dice che vorrebbe limitare i danni. I danni si limitano con la prevenzione. Lui e tanti tanti come lui non hanno avuto alcun interesse nell’evitare di perdersi per strada una generazione. Peccato.
Ora sarebbe apprezzato, davvero apprezzato, quanto meno un po’ di silenzio. Non abbiamo bisogno di ascoltare altre sciocchezze, signor presidente.