Peppe 'u pacciu (il pazzo) scovato dai carabinieri in un locale sotto al pavimento chiuso con una botola azionata con un marchingegno meccanico. Era ricercato da oltre due anni quando sfuggì all'arresto nell'ambito dell'operazione Crimine
“Fermi, fermi, esco io”. Un marchingegno meccanico e dal pavimento dell’abitazione si apre una botola dalla quale si intravede una scala che porta al bunker dove, fino a ieri pomeriggio, si nascondeva il latitante Giuseppe Aquino, boss di Marina di Gioiosa Jonica, nella Locride. Il tempo di complimentarsi con i carabinieri del Ros e del Nucleo investigativo di Reggio, e “Peppe ‘u pacciu” (il pazzo, ndr) definisce il suo rifugio “una cantina dove teniamo il vino l’inverno”. È lui, con le manette ai polsi, che si preoccupa di tranquillizzare i tanti familiari accorsi a casa della madre dove ha trascorso gli ultimi giorni alla macchia.
Giuseppe Aquino era latitante dal giugno 2010 quando sfuggì all’arresto nell’ambito dell’operazione “Crimine”. Coordinati dal procuratore aggiunto Nicola Gratteri, i militari dell’Arma gli hanno stretto le manette ai polsi appena sei mesi dopo la cattura del fratello, il boss Rocco Aquino, capo società del locale di ‘ndrangheta. Al termine del processo di primo grado, “Peppe ‘u pacciu” è stato condannato a 3 anni e 4 mesi di carcere. Una pena che, secondo il procuratore Ottavio Sferlazza, “riteniamo troppo blanda per il calibro del personaggio. Proprio per questo la Procura (che aveva chiesto 16 anni di reclusione) sta valutando di impugnare la sentenza di condanna per Giuseppe Aquino, ritenuto un soggetto particolarmente attivo nel traffico internazionale di sostanze stupefacenti”.
Questo è il quinto bunker scovato dai “Cacciatori di Calabria”, carabinieri specializzati nella ricerca dei latitanti, e che risulta essere nella disponibilità del boss il quale non ha mai lasciato il suo territorio. In uno di questi, erano stati trovati quasi 10 chili di droga. “L’arresto di Giuseppe Aquino – ha dichiarato il procuratore Sferlazza – è il frutto di zelo e fedeltà alle istituzioni”. “Era a Marina di Gioiosa Jonica – ha ribadito il procuratore aggiunto Nicola Gratteri – e questo dimostra che i soggetti indagati per associazione a delinquere di stampo mafioso vivono la loro latitanza nel proprio territorio che devono controllare. Un boss che si allontana dimostrerebbe debolezza. Come abbiamo detto più volte, gli Aquino sono una famiglia di quasi incensurari, ma allo stesso tempo sono una delle cosche più potenti e ricche della Locride, secondi forse solo alla consorteria Commisso. Giuseppe Aquino, a differenza di Rocco, è un impulsivo. Per questo lo chiamano “Peppe ‘u Pacciu”. Il suo carattere emerge chiaramente nell’inchiesta “Circolo formato” nell’ambito della quale la Direzione distrettuale antimafia è riuscita a ricostruire le frizioni tra gli Aquino e l’altra famiglia mafiosa di Marina di Gioiosa, i Mazzaferro. Nell’agosto del 2008, infatti, Luca Mazzaferro, esponente della cosca “rivale”, sparò a Giuseppe Aquino che, in altra occasione, tentò di investire l’aggressore con la macchina.