Secondo il procuratore capo di Palermo: "Noi siamo ovviamente d'accordo sull'esigenza finale di distruggere quei testi... ma il dissenso verte sul procedimento da seguire. Noi riteniamo che non ci sia una norma che la consente fuori da quanto stabilisce l’articolo 268 del codice di procedura"
“Noi siamo ovviamente d’accordo sull’esigenza finale di distruggere quei testi, e io l’ho già scritto alla stessa Avvocatura (che ha chiesto le intercettazioni in questione, ndr), ma il dissenso verte sul procedimento da seguire. Noi riteniamo che non ci sia una norma che la consente fuori da quanto stabilisce l’articolo 268 del codice di procedura, davanti a un giudice e con la necessaria partecipazione delle parti”. E’ la riflessione del capo della procura di Palermo, Francesco Messineo, intervistato da Repubblica. Il magistrato di fatto boccia il ‘lodo Salvi‘ sulle intercettazioni che riguardano il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
“Io preferisco chiamarla circolare Salvi – spiega Messineo -. Lo trovo uno scritto molto ben argomentato, sicuramente non banale e meritevole di attenzione. Ovviamente conosciamo benissimo la norma del 271 del codice di procedura e abbiamo fatto le nostre riflessioni attente su di essa. Ma non ritengo che possa risolvere il nostro problema”, poiché, prosegue, “si tratta di una norma eccezionale, appunto perché fa eccezione al principio generale della conservazione dei verbali e delle registrazioni delle intercettazioni. Come tale, essa non può essere applicata per analogia ai casi non previsti. Nella sostanza questo è il problema (ovvero perché il presidente non è citato esplicitamente, ndr). Il 271 prevede due ipotesi distinte: la prima riguarda le intercettazioni eseguite in contrasto con la legge, e questo non è il caso di quelle di cui parliamo perché sono state disposte legittimamente. La seconda riguarda le conversazioni di persone, come sacerdoti avvocati e medici, di cui si riconosce il diritto al segreto professionale. Anche qui non rientra esplicitamente la figura del capo dello Stato”. In sostanza, per Messineo, “il 271 ha una lacuna innammissibile e che dovrebbe essere colmata ma può farlo il legislatore o la Consulta giudicando la sua costituzionalità nella parte in cui non prevede una speciale protezione per il presidente. Non credo però che il magistrato ordinario, interprete della legge, possa ampliare la portata formale del 271 ricavandola dall’articolo 90 della Costituzione”. Alla domanda se così non svilisce al rango di cittadino qualunque inquilino del Colle Messineo replica: “In linea di principio sono d’accordo e la ritengo una grossa carenza del sistema che spero verrà corretta, ma non si può, sulla base di considerazioni di principio, introdurre nell’ordinamento una norma non scritta e che peraltro sarebbe eccezionale rispetto alle regole generali. Aggiungo poi che proprio il 271 attribuisce esclusivamente al giudice il poter di ordinare la distruzione delle intercettazioni escludendo con ciò in modo assoluto che possa procedere il pm di sua iniziativa”. Il 16 luglio scorso il presidente aveva sollevato un conflitto di attribuzione con la procura di Palermo davanti alla Consulta.