1) Art. 90 della Costituzione: “Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni…”. Dunque per il Capo dello Stato non esiste un’immunità generale ma solo per gli atti connessi alle sue funzioni. Se ammazza la moglie può (anzi deve, per via dell’obbligatorietà dell’azione penale) essere processato. E non gode nemmeno del trattamento riservato ai parlamentari dall’art. 68 Cost., le famigerate autorizzazioni (intercettare, utilizzare intercettazioni di terzi, perquisire e arrestare) che hanno salvato decine di delinquenti. Non si tratta di un vuoto legislativo da colmare in via interpretativa da Procure, Tribunali o Corte costituzionale come preteso dai fan di Napolitano. È che proprio così vollero i Padri costituenti. Il 4/1/1947 ne discussero a lungo e alla fine esclusero che fosse opportuno prevedere immunità generale o autorizzazione a procedere per il Presidente della Repubblica (Appendici Titolo II Parte seconda – Argomenti o articoli non entrati nella Costituzione – Immunità civile e penale del Presidente della Repubblica).
Per questo, e non per una dimenticanza, la Costituzione prevede che egli sia trattato (processualmente) come un qualsiasi cittadino; tranne che per atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni. Ecco perché l’art. 90 della Costituzione non c’entra niente con la vicenda intercettazioni Mancino-Napolitano: che l’interferenza nel processo trattativa Stato-mafia rientri o no negli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, resta il fatto che Napolitano non è stato incriminato; e certamente né l’art. 90 né l’art. 68 Cost. prevedono alcunché in materia di intercettazioni telefoniche che coinvolgano il Capo dello Stato.
2) Napolitano non è stato intercettato. Intercettato è colui nei confronti del quale il giudice, su richiesta del pm, autorizza l’intercettazione (art. 267 codice di procedura). Tutti quelli che parlano con l’intercettato sono “intercettati indiretti”. E, se non esistono norme su intercettazioni a carico del Presidente della Repubblica, figuriamoci se ne esistono su “intercettazioni indirette”. Che possono essere utilizzate senza necessità di autorizzazione. Così decisero i Padri costituenti nel lontano 4/1/1947.
3) Nessuno vuole utilizzare le “intercettazioni indirette” che si riferiscono a Napolitano, almeno al momento. Ma la possibilità che ciò accada esiste poiché qualche difensore potrebbe ritenerle rilevanti per la difesa del suo assistito e chiedere al giudice di acquisirle al fascicolo del dibattimento. E il giudice potrebbe dargli ragione (art. 268 comma 6). Quindi la pretesa di Napolitano (distruggere le intercettazioni indirette che lo riguardano, senza contraddittorio con le difese degli altri imputati), oltre che giuridicamente infondata, comporta il rischio che sia condannato un innocente.
4) È vero che possono esserci intercettazioni inutilizzabili per legge (art. 271): sono quelle eseguite fuori dei casi consentiti (per reati per i quali non sono previste ovvero eseguite senza l’autorizzazione del giudice); e quelle, anche “indirette”, in cui sono state captate conversazioni con sacerdoti, avvocati e altri (art. 200). Ed è vero che queste intercettazioni devono essere distrutte (sempre però con provvedimento del giudice). Sta di fatto che il Presidente della Repubblica non rientra in nessuna delle categorie di cui all’art. 200; e non a caso, lo decisero i Padri costituenti. E certamente le intercettazioni disposte a carico di Mancino non sono state eseguite fuori dei casi consentiti.
5) Per finire, va detto che l’iniziativa di Napolitano apre un caso sconcertante. Il Presidente ha incaricato l’Avvocatura dello Stato di rappresentarlo avanti alla Corte costituzionale. Ma parte in causa nel conflitto è la Procura di Palermo; che può, anzi deve, essere difesa dall’Avvocatura dello Stato: obbligatoriamente perché appartenente alla Pubblica amministrazione (art. 1 RD 30/10/1933, n. 1611).
Ma, per il Presidente della Repubblica, la Camera dei deputati e il Senato (che non fanno parte dell’amministrazione pubblica), detto patrocinio è facoltativo; e infatti è prassi costante che Camera e Senato si facciano difendere da avvocati del libero Foro. Ovviamente la Procura di Palermo non può avere lo stesso avvocato che difende la parte avversa: si chiama incompatibilità. Però deve farsi difendere obbligatoriamente dall’Avvocatura dello Stato. Non così Napolitano. Che farà il Presidente della Repubblica? Revocherà la nomina fatta all’Avvocatura dello Stato? O sarà la Corte costituzionale a rilevare l’incompatibilità? Staremo a vedere. Resta la solita domanda: ma cosa ci sarà mai in quelle conversazioni per spingere Napolitano e i suoi consiglieri a tante e così improvvide iniziative?
Il Fatto Quotidiano, 2 agosto 2012