Crisi e veleno. Le Olimpiadi ancora non sarebbero finite ma l’Italia del nuoto sta affondando in un mare di polemiche. Ci sono sconfitte e sconfitte: questi Giochi sono una disfatta, dentro e fuori dall’acqua. Succede soprattutto quando la numero 1 al mondo, stella polare dell’intera squadra, fa flop e non ci sono spiegazioni. Quando i nostri giovani talenti fanno la figura dei pivelli al confronto dei mostri d’Oltreoceano. Quando anche i vicini di casa fanno incetta di medaglie. E quando ti accorgi che durante l’anno si è parlato più di gossip che di sport. I nodi prima o poi vengono al pettine.

Oggi l’epilogo del triste spettacolo di accuse reciproche andato in scena negli ultimi giorni. Prima Magnini, contro compagni e allenatori. Poi la Pellegrini: che perde e minaccia il ritiro, si riprende e promette battaglia, perde di nuovo e si accoda al fidanzato, scaricando la responsabilità sulla preparazione.

Ora è la volta degli altri. Che rispondono, piccati. La brutta prestazione di Dotto e Orsi nelle batterie dei 50 stile libero (il primo qualificato ma solo con l’ 11° tempo, il secondo 19° ed eliminato) è la miccia che ha riacceso la polemica. Orsi ci è andato giù duro, senza giri di parole: “Magnini ha sbagliato, è un campione ma soprattutto è il nostro capitano, avrebbe dovuto darci tranquillità. Invece la verità è che qui c’è chi pensa solo ai cavoli propri. Non si può arrivare alla gara con questa tensione: siamo in camera insieme e il clima è irrespirabile”.

Gli ha fatto eco Luca Dotto. Le parole di Magnini contro i compagni di staffetta (“Non posso sempre fare tutto da solo, c’è chi non è concentrato”) erano dirette soprattutto a lui, autore di un errore grossolano in partenza. E oggi il vicecampione mondiale nei 50 sl si è tolto qualche sassolino dalla scarpa, dopo che Magnini ha fatto flop nella gara individuale: “La polemica di Magnini non ha senso. Se la prende con il tecnico Claudio Rossetto, ma parliamo di un allenatore di fama internazionale che gli ha fatto vincere due Mondiali”.

Un’opinione condivisa da Gianni Petrucci, presidente del Coni, secondo cui “la Federnuoto non ha colpe”. Insomma, era partita come una polemica isolata da parte della coppia vip della piscina italiana. Adesso è un tutti contro tutti che rischia di far implodere l’intera squadra. Al netto delle parole e delle recriminazioni, però, c’è sicuramente qualcosa che non ha funzionato. I risultati sono sotto gli occhi di tutti e non c’è nessuno che si salvi da quest’ecatombe, fatta di eliminazioni al mattino o figuracce in finale.

La Pellegrini è una campionessa come ne nascono una ogni ventennio e probabilmente è stata destabilizzata da troppe vicende extra-sportive. Magnini a 30 anni si è lasciato alle spalle gli anni migliori della sua carriera: non dimentichiamo che anche facendo il suo personale di 48’’04 (che risale al 2009) nella finale di ieri sarebbe arrivato penultimo. I due, in coppia da circa un anno, godono di una popolarità fuori dal comune e che gli si ritorce contro quando i risultati vengono meno. Le parole al veleno dei compagni lo testimoniano.

Dietro queste due situazioni particolari c’è però un movimento allo sbando. Che forse si è cullato troppo sui fasti di Sidney 2000. E a cui sicuramente manca un punto di riferimento, da quando nel 2009 è scomparso Alberto Castagnetti, storico commissario tecnico della nazionale. Non è mai stato sostituito: Marco Bonifazi, ex medico federale, è stato promosso a referente tecnico ma è evidente che non sia la stessa cosa. La stessa Pellegrini sembra pagare più di tutti gli altri la mancanza del suo mentore; e non è un caso che in questi ultimi tre anni abbia ottenuto risultati veramente importanti solo quando si è affidata all’allenatore francese Philippe Lucas, altra figura di grande carisma.

L’errore generale giustifica i tanti errori particolari: come ad esempio la preparazione indubbiamente fallimentare dei velocisti azzurri; o l’aver voluto puntare sugli Europei (disertati da tutti i principali protagonisti) a pochi mesi dalle Olimpiadi. Ognuno va per la sua strada, insomma. E nessuna di queste strade porta alla vittoria. E poi c’è il discorso della mancanza di investimenti mirati, dell’assenza pressoché totale di un progetto che avvicini i giovani allo sport e li faccia crescere da atleti. Ma questa è un’altra storia, la solita storia italiana.

Intanto le Olimpiadi proseguono e restano tre giorni di gare. Ci aggrappiamo alla staffetta mista e al talento di Gregorio Paltrinieri, 17enne che a maggio ha nuotato il terzo tempo dell’anno nei 1500 stile libero. Speranze, ancora illusioni. Ma stavolta neanche una medaglia potrà salvare l’Italnuoto da un profondo esame di coscienza. Su una cosa Magnini ha ragione: siamo all’anno zero, come le medaglie conquistate (salvo miracoli). Da settembre sarà rivoluzione. E ne abbiamo davvero bisogno.

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