“Ero all’ippodromo quando sentii il botto”. L’ippodromo era quello di via Corticella, distante “circa due chilometri in linea d’aria dalla stazione. La stazione era quella di Bologna. Il “botto” era quello del 2 agosto, ore 10.25. “Passò circa mezzora, il tempo per capire cosa fosse successo. Poi vennero a reclutare braccia”. Lui fu tra i primi volontari a recarsi tra i binari. A scavare “a mani nude” per cercare di strappare alle macerie qualche corpo ancora vivo.
Lui è Luigi Cervellati, 68 anni, nato a Baricella, provincia bolognese. Arrivò nel piazzale della stazione intorno alle 12.15. Se ne andò 14 ore dopo. Oggi Cervellati sarà a Bologna dopo un lungo percorso. Un percorso di centinaia di chilometri, partito dal Brennero il 29 luglio e che, tappa dopo tappa, toccando tutti i paesi orfani di almeno una vittima del 2 Agosto, termina a Bologna. È la staffetta “Insieme per non dimenticare”, della quale questo “reduce” di 68 anni è uno degli organizzatori. Ieri la staffetta ha toccato i paesi del Ferrarese, Vigarano Mainarda e Mirabello, che hanno pianto 32 anni fa Gaetano Roda, 31 anni, in stazione per un appuntamento di lavoro, e Paolino Bianchi, 51 anni, in attesa di partire per le vacanze.
Nel 1980 Cervellati era dipendente Amiu, la municipalizzata che si occupava dell’igiene urbana. Quel giorno si cercavano volontari disponibili a dare una mano, “dicevano che era scoppiata una caldaia”. Alla prima versione dell’esplosione, quella della caldaia appunto, non aveva creduto neppure un istante. “Quel botto non poteva essere solo una caldaia e quando fui sul posto mi accorsi subito che lo squarcio non era nella zona adibita al riscaldamento”.
Davanti a quella scena però il pensiero del luogo esatto dell’esplosione lo abbandonò subito. “C’era da mettersi le mani nei capelli. Mi misi a disposizione e iniziai a rimuovere i detriti di ferro e asfalto. Un’immagine di orrore che ancora oggi non riesco a dimenticare”.
Di quelle ore Cervellati ricorda un momento in particolare. Un episodio che “mi ha dato una incredibile soddisfazione, seguita a un sentimento di atroce sconforto”. Mentre scavava rinvenne un corpo. “Lo tirai fuori dalla polvere, lo pulii con il palmo di una mano dalla terra e dal sangue. Con l’altra mano lo tenevo stretto a me. Poi quel volto aprì gli occhi e mi guardò. Avevo salvato una vita, pensai”. Ma quello sguardo era l’ultimo che quella persona, una delle 85 vittime della strage, stava rivolgendo al mondo. “Un secondo dopo mi morì tra le braccia”.