Io mi auguro una cosa. Io mi auguro che ieri, 2 agosto 2012, molti cittadini italiani abbiano passato almeno un minuto della propria giornata pensando alle 85 vittime e agli oltre 200 feriti che la strage fascista ha causato alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980.
Io mi auguro soprattutto che parte di questo minuto i miei concittadini l’abbiano dedicato pensando al fatto che pur essendo passati trentadue anni da allora, i familiari delle vittime, e noi cittadini insieme a loro, ancora non sappiamo quali sono i mandanti e il perché di quella strage.
In questa nostra fragile (ma vorrei dire finta) democrazia, fino ad oggi hanno prevalso le logiche piduiste, i depistaggi dei servizi segreti e di importanti pezzi delle Istituzioni nazionali, il “segreto di Stato“. E quel che più mi fa rabbia è sapere con certezza che queste logiche hanno prevalso, sino a compiere fino in fondo la loro parte, tentando, e in buona parte riuscendoci, di cancellare perfino la memoria di quei fatti, sia che al governo del Paese ci siano stati governi di centro, di destra o di sinistra. Sì, avete letto bene, ho scritto anche “sinistra” ed è forse questo che mi fa ancora più rabbia. Provate a chiedere al presidente dei familiari, Paolo Bolognesi, quante delle promesse fatte dai dirigenti di questa parte, chiamata anch’essa a governare in questi trentadue anni, sono state mantenute. Vi sentireste rispondere: “nessuna!”
Oggi la cosa non mi meraviglia affatto. Se penso solo un minuto della mia giornata all’atteggiamento che il Presidente della Repubblica, uomo che proviene dalla mia stessa parte, ha tenuto e continua a tenere nei confronti di un altro drammatico momento per la sopravivenza della democrazia nel nostro paese com’è stato il periodo delle stragi del 1992 e 1993 e le trattative tra Stato e mafia, mi vengono i brividi e la rabbia sale a livelli incontenibili.
Quale “ragion di Stato” può essere più forte del diritto dei cittadini di conoscere la verità? La mia risposta è semplice: “nessuna!”. Invece l’atteggiamento, sempre più diffuso e sempre più bipartisan continua ad essere quello tenuto negli anni successivi alla strage di Bologna: silenzio, depistaggio, denigrazione delle voci fuori dal coro, attacchi alla magistratura che indaga e, naturalmente, le porte degli “armadi” ben chiuse.
Nonostante la rabbia, e per non consentire che questa muti in rassegnazione, mi piace concludere queste mie considerazioni con le parole dette dalla mamma di Sergio Secci, giovane vittima della strage di Bologna, che dopo trentadue anni di battaglie condotte insieme all’Associazione dei familiari delle vittime e nonostante le amarezze, le ingiustizie, le delusioni subite in questi anni, trova la forza di dire: “Però noi siamo ancora qua a chiedere verità e giustizia, non molliamo!”
Per la forza di queste parole io credo che se ieri non abbiamo pensato, neppure per un minuto, alle 85 vittime e agli oltre 200 feriti che ancora aspettano giustizia per quella strage fascista, possiamo farlo oggi.