Dopo una settimana passata a seguire, tutte le sere, le gare di nuoto delle Olimpiadi, mi sono trovato a essere un ammiratore di Federica Pellegrini. Strano, proprio adesso che non ha vinto nulla e sembra aver imboccato una parabola discendente. O forse non è strano, perché è proprio in queste situazioni che si può ammirare una personalità, perché, parafrasando De Gregori è “da certi particolari che si giudica un nuotatore”. E la Pellegrini mi ha colpito in alcuni particolari. Federica non lancia urla isteriche quando vince – cosa che purtroppo in questa settimana non è mai successo – o fa una bella gara – cosa che invece è accaduta almeno una volta e, vista la delicatezza del momento, avrebbe giustificato anche un’esultanza particolare. Non piange a dirotto quando le cose vanno male o peggio di come si era prefissata. Federica scherza con le compagne con naturalezza, senza avere mai quello sguardo attento a controllare tutto ciò che sta intorno. Federica non corre dalla mamma alla fine della gara a farsi coccolare o consolare, a farsi dire quanto sei brava e quanto sono orgogliosa di te. Per questo l’ho molto ammirata, perché trovo che queste cose, passati i diciotto anni, siano fuori luogo. E l’ho ammirata ancor di più vedendo che la mamma era seduta distintamente in tribuna, a dimostrazione che si può essere attenti e partecipare ai successi e alle sconfitte dei figli senza ricorrere a quelle sceneggiate per cui, al di là delle Alpi, ci prendono giustamente in giro. Ho ammirato, infine, la Pellegrini che, come tutti noi, ha dei dubbi e non li nasconde, non sa cosa vorrà fare tra un anno (il reality speriamo di no), e nuoterà ancora, se le piacerà, perché nuota per divertirsi e vincere e non per fare una cosa utile al proprio paese e portarne impettita la bandiera.
Ogni riferimento a un’altra atleta, che fa e dice cose opposte a quelle sopra elencate, non è affatto casuale.