E adesso arriva la regina. L’Olimpiade è l’apoteosi dello sport, in senso lato. Ma se c’è una disciplina olimpica per eccellenza questa è l’atletica. Ed una gara in particolare: i 100 metri piani. Dopo una settimana dedicata soprattutto al nuoto ed alla scherma è tempo di scendere in pista: ieri il primo assaggio all’Olympic Stadium, con alcune batterie minori; da oggi si fa sul serio. E domani alle 21.50 ora locale (un’ora avanti in Italia) i Giochi di Londra vivranno il loro acme.
Tutti incollati alla televisione, eccetto i pochi fortunati che sono riusciti procurarsi il biglietto più ambito di queste due settimane, roba da minimo 300 sterline. Saranno nove secondi (e qualcosina in più) da brivido. Anche perché il parterre dei pretendenti al trono non è mai stato così ricco. A partire da Usain “lighting” Bolt, il fulmine. Il nuovo “figlio del vento” che punta a raccogliere l’eredità di Carl Lewis. Secondo alcuni è già il più grande velocista di tutti i tempi. E del resto parlano per lui i due record del mondo datati al 2009: 9’’58 nei 100m, addirittura 19’’19 nei 200m (con la storica barriera dei 18’’ che non sembra più inavvicinabile).
E’ il campione olimpico in carica: a Pechino stracciò i suoi avversari, facendo registrare il suo primo record del mondo nonostante avesse corso gli ultimi 20 metri con una scarpa slacciata e scomposto per l’esultanza (le sue non sono mai banali…). E’ il favorito d’obbligo, dunque. Ma attenzione, stavolta potrebbe non essere tutto scontato. Gli ultimi due anni sono stati abbastanza difficili per il giamaicano: che ama la musica, i riflettori. Non è sempre facile rimanere concentrato sugli allenamenti quando sei il numero uno al mondo, forse di sempre, e non puoi fare un passo senza ricevere mille attenzioni (come nel villaggio olimpico: Bolt ha dovuto persino rinunciare ad andare a mangiare un panino al McDonald per il delirio scatenato dalla sua presenza fra gli stessi atleti). E poi c’è stato qualche infortunio di troppo, un guaio per la preparazione. E la squalifica per falsa partenza ai Mondiali di Daegu nel 2011, che peserà nella sua memoria quando domani sarà ai blocchi di partenza.
Tutti motivi per tenere alta la guardia. Anche perché la concorrenza è agguerritissima. Ci sono i connazionali Asafa Powell (ex primatista del mondo) e soprattutto Yohan Blake (classe ’89, da molti indicato come il futuro dello sprint), che ha già battuto Bolt due mesi fa ai Trials giamaicani. E gli americani Justin Gatlin e Tyson Gay. Mentre il francese Cristophe Lemaitre (primo bianco della storia a scendere sotto il muro dei 10’’, dove si era fermato il nostro Mennea nel lontano 1979) cercherà di tenere alto l’onore dell’Europa; anche se le speranze di medaglia sono minime, al cospetto di mostri simili.
Oggi saranno impegnati nelle batterie. Su una pista che promette scintille: ieri, in gare minori, sono stati fatti registrare tempi da urlo. La superficie MondoTrack (già impiegata a Pechino quattro anni fa, e riproposta qui a Londra con una serie di accorgimenti per adattarsi al particolare clima londinese) sembra velocissima. Tutti gli atleti ne sono entusiasti e così l’Olympic Stadium potrebbe essere teatro di nuovi, clamorosi record. Meteo permettendo, ovviamente: in Inghilterra la pioggia è sempre dietro l’angolo, purtroppo.
Nei 400 metri piani – secondo molti la gara più completa e affascinante dell’atletica – il favorito sarà invece LaShawn Meritt, capace nel 2008 di scendere sotto il muro dei 44 secondi (43’’75 è il suo primato, non lontanissimo dallo storico record del mondo di Michael Johnson in 43’’18) e tutt’ora il numero uno della specialità. Ma questa sarà anche la gara (e i Giochi) di un altro campione: il sudafricano Oscar Pistorius, 25 anni, al debutto olimpico. La sua più grande impresa è stata conquistare la normalità. Lui – che quando aveva solo undici mesi di vita subì l’amputazione bilaterale delle gambe per causa di una grave malformazione – stamattina è diventato il primo uomo a prendere parte sia alle Paralimpiadi (dove ha già vinto 5 medaglie, 4 d’oro) che alle Olimpiadi. E questo grazie a due protesi all’avanguardia, in fibra di carbonio; ma soprattutto grazie ad una straordinaria forza di volontà. Ha dovuto superare lo scetticismo e le polemiche. La Iaaf (International Association of Athletics Federations) inizialmente lo aveva escluso dalle gare non riservate ai disabili, perché le protesi lo avrebbero posto in una condizione di “vantaggio” rispetto ai normodotati.
Un ragazzo amputato avvantaggiato rispetto a chi corre con due gambe e due piedi: molto più che un paradosso. Pistorius non si è arreso. Ha vinto la battaglia legale: il Tribunale dello Sport ha rigettato la decisione della Federazione, perché non ci sono studi scientifici che dimostrano il presunto vantaggio. E oggi ha vinto la sua gara. In realtà è arrivato secondo in batteria. Ma è come una vittoria: ha corso fianco a fianco, spalla a spalle con molti atleti normali. Si è guadagnato l’accesso alle semifinali e potrebbe non essere finita qui: lo aspetta la finale, e correrà anche la staffetta 4×400. Ci siamo quasi. Domani sera la finale dei 100, lunedì quella dei 400. Bolt e Blake, Pistorius e Merritt: nella terra delle grandi regine le Olimpiadi sono pronte a incoronare i loro nuovi re.