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Libri d’estate: da 007 al soft-porno made in Usa, le strategie anticrisi degli editori

Le case editrici, alle prese con una paurosa contrazione delle vendite, le pensano tutte per approfittare della stagione estiva al fine di incrementare gli introiti. E così rispolverano vecchi classici e fenomeni un po' datati

di Silvia Truzzi

Il 12 agosto 1952 Italo Calvino scrive sull’Unità: “Il Buon Lettore aspetta le vacanze con impazienza. Ha rimandato alle settimane che passerà in una solitaria località marina o montana un certo numero di letture che gli stanno a cuore e già pregusta la gioia delle sieste all’ombra, il fruscio delle pagine, l’abbandono al fascino d’altri mondi trasmesso dalle fitte righe dei capitoli”. L’articolo s’intitola “I buoni propositi”, che tra sport, pisolini post-prandiali e vita sociale sono destinati a rimanere tali finché le ferie non finiscono. E allora “il Buon Lettore ripone i libri intonsi nelle valigie, pensa all’autunno, all’inverno, ai rapidi, concentrati quarti d’ora concessi alla lettura prima di addormentarsi, prima di correre all’ufficio, in tram, nella sala d’aspetto del dentista…”. Sessant’anni dopo non c’è ragione di credere che le cose andranno diversamente, soprattutto perché le vacanze sono sempre meno villeggiature e sempre più lunghi weekend strappati alla crisi. L’estate è davvero l’ultima spiaggia dei libri nella speranza di risollevare l’annus horribilis del mercato editoriale? L’allarme lanciato dai librai sul sito Affaritaliani.it, tramite il loro presidente Alberto Galla, ha tutta l’aria di un sos: “I librai – non solo gli indipendenti – non riescono più a pagare le scadenze, sono in apnea”.

La primavera è stata la stagione del 9.90 euro, ricetta contro l’epidemia d’invenduto. Ma non va bene per nessuno e per tutti il motto è “non si fanno prigionieri”: ne sia prova la feroce competizione vista allo Strega, per cui gli editori hanno combattuto all’ultimo sangue (non senza colpi sotto la cintola). In palio c’erano le non trascurabili 40mila copie che il premio garantisce. Dopo aver incassato la fascetta con Piperno, Mondadori ha indovinato la traduzione di Fifty shades of gray e successivi sequel cromatici: la trilogia delle porno mamme americane merita persino una citazione nella semestrale di bilancio (disastroso: utile netto in calo del 67 per cento) del gruppo. Cinquanta sfumature di grigio, informa la nota, ha venduto 200mila copie in tre mesi, altrettante sono attese per i seguiti della storiella che narra le vicende della verginella Anastasia finita nelle grinfie del drago miliardario (ricorda qualcosa?), a suon di giochini sadomaso.

Si fa quel che si può e, come se non bastassero i numeri impietosi, ci si mette pure Saviano. Che non pago di aver dato il nuovo libro a Feltrinelli, cerca la rottura definitiva sbertucciando Marina Berlusconi in prima pagina su Repubblica. Si è sparsa la voce che la crisi potrebbe sfrattare la casa editrice dalla storica (e costosa) sede di Segrate, in affitto da Generali: i vertici smentiscono categoricamente, ma i dipendenti si stanno passando l’allarmata parola. Altro passo per arginare le perdite potrebbe essere la cessione del comparto francese come ha fatto Rizzoli con il gioiello d’Oltralpe, Flammarion.

Per la serie usato sicuro, l’estate Rcs rilancia l’inchiesta di Gay Talese sul sesso: La donna d’altri, reportage su usi e costumi nei boudoir americani tra gli anni Settanta e Ottanta. Mentre Newton Compton si gode i successi degli Harmony griffati (Qualcosa da Tiffany, Via Chanel n. 5, Innamorarsi a New York) e Guanda prepara per settembre la ristampa de Le età di Lulù, Gems continua a vendere Fai bei sogni (Longanesi) di Massimo Gramellini, che tocca le 630mila copie: il gruppo aspetta con ansia Natale per tradurre l’ultimo romanzo della Rowling, il primo dopo l’addio a Harry Potter (Salani). La crisi economica chiama la letteratura d’evasione: di thriller ce n’è un po’ da tutte le parti (anche tra gli altolocati scaffali di Einaudi o chez Garzanti, per esempio), ma la prova più clamorosa è la super radical chic Adelphi che ha iniziato la ripubblicazione di Ian Fleming con Casino Royale. Il ritorno di 007 è stato salutato dalla stampa come un trionfo già annunciato, subito accostato a Maigret (con tante scuse a Simenon, che era uno scrittore di talento non paragonabile), condito di fiabesche metafore tipo: “Il bacio che trasforma il rospo in principe”.

Il tutto ignorando – o facendo finta di – che la stessa traduzione del romanzo “agitato non mescolato” (di Massimo Bocchiola) era già stata proposta nel 2004 da Guanda con scarsi riscontri. Il risultato, otto anni dopo, non cambia di molto (salvo le paginate sui giornali) se il vecchio James Bond si deve accontentare del 170esimo e passa posto in classifica. La casa editrice che ha costruito la sua fortuna su un catalogo “filologicamente corretto”, portando la Mitteleuropa in Italia (Karl Kraus, Schnitzler, Hofmannsthal, Robert Walser, Wedekind, Horvath, Altenberg, Sándor Márai), ha tradotto Joseph Roth, Vasilij Grossman, Irène Némirovsky, però non è nuova a incursioni pop in favore di portafogli: uno per tutti, la Lettera d’amore di Cathleen Schine cui fa un po’ il verso il recente L’amore in un clima freddo di Nancy Mitford. Elias Canetti diceva di Adelphi: il più bel catalogo di libri che conosco. Non diremo qui che l’autore de La lingua salvata dovrebbe, oggi, rimangiarsi la parola. Solo che pecunia non olet, specie quando la pecunia scarseggia, vale per tutti. Perfino sulle blasonate copertine con il pittogramma cinese della luna nuova.

da Il Fatto Quotidiano dell’1 agosto 2012

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