Siamo al giro di boa: i Giochi di Londra entrano nell’ultima settimana di gare e salutano il nuoto. In piscina è stata un’Olimpiade particolare: ricca di affermazioni a sorpresa (come quelle delle baby-prodigio Meilutyte e Ye Shiwen), caratterizzata dall’egemonia statunitense (14 ori, 28 medaglie) e per quel che ci riguarda da vicino dal disastro dell’Italia (a secco di soddisfazioni). Ma soprattutto dal nome e dai trionfi di Michael Phelps.
L’edizione di Londra 2012, infatti, verrà ricordata anche e soprattutto come la sua Olimpiade. Se quattro anni fa a Pechino il ragazzone di Baltimora era riuscito a battere il record dei sette ori di Mark Spitz (datato a Monaco 1972), quest’anno è stata la volta di un altro record, quello definitivo: 22 medaglie olimpiche totali conquistate, di cui 18 d’oro. Come lui nessuno mai.
Ha superato Larissa Latynina, 77 anni compiuti da poco: tra il 1956 e il 1964 l’ex ginnasta sovietica era riuscita mettere insieme la bellezza di 18 medaglie. Un primato che sembrava imbattibile. Ha resistito per 48 anni, fino a martedì scorso, quando Phelps ha vinto l’oro nella staffetta 4×100 stile. La sua diciannovesima medaglia. Poi, visto che l’abitudine a vincere non si perde in qualche ora, si è preso anche altri tre ori, due individuali e uno in staffetta.
Ma sono quasi dettagli. Ha riscritto la storia di questo sport. Non ha più nient’altro da vincere. E infatti si ritirerà. L’aveva annunciato alla vigilia dei Giochi e salvo clamorosi passi indietro manterrà la sua promessa.
Quella di Londra è stata la sua ultima Olimpiade, la 4×100 mista di ieri sera (vinta ovviamente) è stata la sua ultima gara. A 27 anni è già leggenda: il soprannome di mister Olympia gli spetta di diritto e lo accompagnerà a lungo, nel suo precoce e dorato ritiro.
Certo, l’unanimità di giudizio è cosa rara, c’è chi avuto da ridire. Non uno qualsiasi: Sebastian Coe, il presidente del Locog (il Comitato organizzatore) e due volte campione olimpico sui 1500 piani, ha dichiarato che secondo lui “non si può dire che Phelps sia il più grande, è solo l’atleta di maggior successo”. Aprendo il dibattito, perché effettivamente le Olimpiadi nel corso dell’ultimo secolo ne hanno conosciuti di momenti e personaggi straordinari. È sempre difficile avanzare paragoni storici. Le opinioni di tutti sono rispettabili; e chissà, magari in quelle di Coe c’è anche un pizzico di invidia, per lui che di medaglie ne ha vinte quattro (due ori e due argenti) e non ventidue.
Ma le parole volano, gli ori olimpici restano. Tutto il resto al suo cospetto scivola in secondo piano. E forse grazie a Phelps e al suo primato non ci ricorderemo dell’annus horribilis dell’Italia: zero medaglie, non succedeva da Los Angeles 1984. Le ultime speranze sono naufragate ieri, con il quinto posto di Gregorio Paltrinieri nei 1500 metri stile libero. Ma a questo splendido 17enne di Carpi (penalizzato anche da un infortunio prima della finale) davvero non potevamo chiedere di più. Ci sono mancati Pellegrini e Magnini, insieme a tutti gli altri. E in compenso non ci siamo fatti mancare le polemiche.
Ma di questo si è parlato fin troppo, meglio voltare pagina ora che quest’agonia durata una settimana è finalmente terminata. C’è un movimento da ricostruire. E sarebbe bello ripartire da tre certezze: il passato e l’esperienza di Magnini, il presente della Pellegrini e di Scozzoli, il futuro di Paltrinieri. Però stavolta bisognerà remare (anzi, nuotare) tutti dalla stessa parte…
Intanto salutiamo Michael Phelps. È un addio: grazie di tutto, Mister Olympia. O per non urtare i canoni d’estetica grandeur di lord Coe, semplicemente il più vincente di sempre. Anche così non è poco.