Guido Bertolaso non è certo un amico del “Fatto”, che lui ha ricoperto di cause civili con richieste di risarcimenti milionari. Ma,
accettando di parlare con Malcom Pagani sulla sua triste istoria di ex potente (per lunghi anni come dominus della Protezione Civile, il più potente dopo Berlusconi) travolto dallo scandalo della cricca, ha voluto chiarire le circostanze di due telefonate avute con il presidente
Napolitano nel marzo-aprile 2009, prima e dopo i giorni del terremoto dell’Aquila, finite agli atti dell’inchiesta di Firenze sul G8 alla Maddalena. Bertolaso
chiede che quelle intercettazioni siano rese pubbliche, affinché dai dialoghi “con il primo cittadino italiano si capisca chi era davvero il mio referente nei momenti di difficoltà e di emergenza”. Una richiesta più che legittima da parte di un personaggio che, sentendosi ingiustamente dipinto “come lo scherano di Berlusconi e Letta”, vuole dimostrare che altri e più alti erano i suoi interlocutori istituzionali.
Ma di quelle telefonate molto si è parlato a proposito di altre, quelle tra Mancino e Napolitano, intercettate dalla Procura di Palermo nell’indagine sulla trattativa Stato-mafia. Come mai, ci siamo chiesti pressoché isolati, Napolitano ha sollevato presso la Consulta il conflitto di attribuzioni contro i pm palermitani, ma non contro quelli di Firenze e Perugia (dove il processo passò per competenza e, diversamente da Palermo, le sue intercettazioni indirette furono trascritte e allegate agli atti)? Forse perché le conversazioni con Bertolaso non erano scottanti come quelle con Mancino? A maggior ragione, dopo le affermazioni dell’ex capo della Protezione civile, la questione delle telefonate presidenziali non può essere liquidata dai giuristi di corte come una sorta di sacrilegio contro un potere inviolabile. E in ogni caso, adesso, per il Quirinale sarà più difficile sfuggire alla domanda sul conflitto sollevato in un caso e non nell’altro. Se poi fosse lo stesso inquilino del Colle a rivelarci ciò che si dicevano lui e Bertolaso e che Bertolaso non vuole svelare, sarebbe ancora meglio.
Il Fatto Quotidiano, 5 agosto 2012