L’embedding di materiale sottoposto a copyright non è un reato. La notizia potrebbe sembrare cosa di poco conto ma in caso contrario, la maggior parte degli utenti avrebbe potuto commettere un reato senza esserne consapevole. L’embedding non è altro che il termine tecnico che indica il riportare su un blog o un social network materiale audio o video, senza averlo caricato direttamente. La classica condivisione dei filmati presenti su YouTube, fino a qualche giorno fa, avrebbe potuto essere un reato ma a mescolare le carte in tavola ci ha pensato la Corte d’Appello statunitense.

I vertici del servizio Flava Works, specializzato nella diffusione di materiale per adulti, nel mese di aprile avevano accusato il sito My Vidster di aver diffuso materiale protetto da copyright. Dal canto loro i gestori del sito si erano difesi sostenendo che gli utenti non avevano di fatto condiviso del materiale illegale, ma l’avevano solamente “embeddato” (ricondiviso) a partire da RedTube. Gli utenti iscritti al servizio fornito da MyVidster non avrebbero quindi fatto altro che riportare filmati non direttamente presenti sul sito, esattamente come quello che avviene ogni giorno sui social network. La sentenza di primo grado emessa dal giudice statunitense John Grady ha dato ragione ai vertici di Flava Works accusando MyVidster di violazione delle leggi nazionali sul diritto d’autore: secondo il giudice, l’embedding e il caricamento diretto dei contenuti erano da considerarsi ugualmente colpevoli. La Corte d’Appello degli Stati Uniti ha invece ribaltato la sentenza di primo grado ponendo l’accento proprio sulla differenza tra un caricamento di materiale coperto da copyright, rispetto alla mera condivisione.

Secondo la Corte d’Appello sia i titolari di MyVidster, sia gli utenti del sito, non sarebbero condannabili per violazione delle leggi sul diritto d’autore, ma i veri responsabili sarebbero gli iscritti a RedTube, il sito dove “fisicamente” è stato caricato il materiale in questione. L’intera vicenda, seppur circoscritta alle società tirate in ballo dal tribunale, è stata seguita con particolare attenzione dal mondo della rete tra cui in prima linea Facebook e Google. Nel caso in cui l’embedding fosse stato giudicato al pari di un caricamento di materiale coperto da copyright, le conseguenze sarebbero state disastrose per tutti quei blog, siti e social network che permettono la condivisione di materiale ospitato da altri servizi, uno su tutti YouTube. La sentenza di primo grado emessa dal giudice Grady, proprio per questo motivo, era stata accolta favorevolmente dalla Motion Picture Association of America (Mpaa) secondo la quale la ricondivisione di filmati coperti da diritto d’autore favorirebbe la pirateria e la creazione di materiale illegale. Una nuova battuta d’arresto nella guerra alla pirateria per la Mpaa che si somma al dietrofront del Senato statunitense nei confronti della proposta di legge ‘Sopa‘ per cui nel mese di gennaio era stato indetto in rete un vero e proprio sciopero

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