L'attivista per i diritti umani, cristiano, portavoce del Consiglio nazionale siriano riflette sulla candidatura di sul Haytham al-Maleh: "È un uomo molto anziano non mi stupirebbe se, vista l’età, qualcuno si sia approfittato della sua immagine di rettitudine per coinvolgerlo in un progetto politico islamista"
All’ennesimo giorno di combattimenti ad Aleppo è giallo sul governo transitorio siriano annunciato nei giorni scorsi dal Cairo dallo storico oppositore Haytham al-Maleh. Avvocato, 81 anni, fervido difensore della libertà d’espressione e musulmano conservatore, al Maleh ha dichiarato pubblicamente di essere stato “incaricato di guidare un esecutivo con le forze di opposizione dentro e fuori dalla Siria”. Già, ma incaricato da chi? E soprattutto perché? Lo chiediamo a Bassam Ishak, attivista per i diritti umani, cristiano di Damasco, nonché portavoce del Consiglio nazionale siriano, meglio noto con la sigla di Cns, organo ufficiale della dissidenza con sede a Istanbul.
Dottor Ishak, chi è al Maleh? E chi lo avrebbe incaricato di formare un esecutivo?
L’avvocato al Maleh è un personaggio molto stimato per la sua battaglia per i diritti umani. Non si è mai sottratto al carcere e non ha imboccato la via dell’esilio, per questo è rispettato da tutti. Faceva parte del Cns, ma si è dimesso tre mesi fa. Si è offeso per non essere stato avvertito in tempo di un incontro tra il Cns e l’inviato speciale delle Nazioni Unite, Kofi Annan. È un uomo molto anziano non mi stupirebbe se, vista l’età, qualcuno si sia approfittato della sua immagine di rettitudine per coinvolgerlo in un progetto politico islamista.
Sta insinuando che dietro a al Maleh ci sarebbero i salafiti?
Non è un insinuazione ma una constatazione. La “coalizione di quindici personalità indipendenti senza alcuna affiliazione politica” che dice averlo designato per la formazione di un governo altro non è che un’associazione fondata al Cairo da uomini di affari siriani basati nei Paesi del Golfo che supportano i gruppi salafiti. Il nome dell’organizzazione è Majlet umanà attaura (Consiglio fiduciario della rivoluzione, ndr). Nel loro team, che si dichiara multi confessionale, hanno anche inserito un druso, ma non c’è neanche un cristiano né un alawita.
Minoranze che sono invece rappresentate nel Cns. In quali proporzioni?
Diciamo che rispettiamo le percentuali demografiche: 10 per cento cristiani, 10 curdi, 70 sunniti, e il resto alawiti, ismaeliti, drusi. Ma non dovete pensare che siamo divisi su base confessionale, a comporre le nostre correnti infatti sono i partiti: socialista, comunista, nazionalista, liberale, e poi ci sono le varie anime degli islamici rappresentati per lo più dai Fratelli musulmani.
L’opinione pubblica siriana però non percepisce la vostra vicinanza, come pensate di poter rappresentare chi in questi giorni vive sotto assedio?
Il fatto che la maggior parte dei membri del Cns sia composta da siriani della diaspora spiega perché la gente non ci senta vicino. La cosa positiva però è che proprio la nostre esperienza di vita in Occidente hanno fatto sì che Europa e Stati Uniti potessero avvicinarsi alla questione siriana con fiducia, pensando a un futuro democratico, non oscurantista. Finora solo il Cns ha ricevuto il riconoscimento ufficiale di organo di opposizione siriana da molti Stati della comunità internazionale, compresa l’Italia.
Durante una fase così delicata della crisi siriana non trova che sia poco strategico dividersi sulla spartizione del potere del dopo Assad?
Ovviamente, sono davvero deluso dalla performance di personalità che fino a poco tempo fa erano simboli stimatissimi della lotta alla corruzione e oggi dimostrano di essere concentrati solo sull’incarico che intendono svolgere dopo la caduta di Bashar al Assad. Questo non fa che aumentare la distanza tra politici e società civile. Per non parlare del Free Syrian army che fa sempre più fatica a riconoscere una leadership politica.
Molti analisti indicano il generale Manaf Tlass, amico di infanzia di Assad, che ha disertato a giugno scorso, come possibile primo ministro di un governo transitorio in caso di caduta imminente del regime. Potrebbe essere l’uomo giusto?
Manaf è il figlio di Mustafà Tlass, che fu quasi ininterrottamente ministro della difesa durante i quarant’anni di regime di Hafez al Assad. Credo che già questo basti per spiegare che il suo nome, anche volendo, non sia spendibile.
di Susan Dabbous