La cartina di tornasole è l’evoluzione del pensiero di Elsa Fornero. Il ministro del Lavoro ha l’abitudine di parlare senza curarsi dell’eventuale impopolarità. E così la sera di mercoledì 1 agosto, partecipando al Mix Festival di Cortona (in provincia di Arezzo), ha usato un tono poco rispettoso per un’inchiesta giudiziaria durata anni: “Non possiamo cancellare l’Ilva come se fosse niente perché forse continua ad inquinare ambiente ed acqua”. Ieri, commentando la sentenza del Riesame che ha confermato, con il sequestro degli impianti di Taranto, l’impianto delle accuse alla famiglia Riva, Fornero ha virato, evocando la questione “di una classe operaia alla quale bisogna ridare dignità, non va considerata di serie b, non è un lavoro su cui si può transigere su problemi di sicurezza e lavoro”.
Anche il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera ha, lievemente ma significativamente, cambiato linea. Il 26 luglio, commentando l’ordinanza di sequestro, ha detto: “Governo e istituzioni locali faranno tutto il possibile per individuare soluzioni che tutelino occupazione e sostenibilità produttiva”, e, ben guardandosi dal pronunciare la parola inquinamento o suoi sinonimi, si è limitato a citare “le motivazioni che hanno portato al provvedimento di sequestro”. Due giorni fa ha precisato: “Non possiamo dire che gli impianti dell’Ilva vanno tenuti aperti a qualsiasi condizione, in quanto i criteri di salute pubblica devono essere considerati”. Anche il ministro dell’Ambiente Corrado Clini, che lo stesso 1 agosto, parlando alla Camera, trattava con prudenza il nesso tra l’attuale inquinamento dell’Ilva di Taranto e le malattie della popolazione circostante, nell’intervista di ieri al Fatto è stato più netto: “Non farei vivere un mio nipotino a Taranto”, ha detto, specificando di aver voluto esprimere con quella frase “la giusta preoccupazione per una situazione ambientale insostenibile, conseguenza delle emissioni pro-dotte dalle acciaierie e aggravata da scelte urbanistiche sbagliate. Io credo che il quartiere Tamburi sia la rappresentazione di un modo disordinato e scriteriato di localizzare gli insediamenti abitativi”.
Come leggere la svolta ambientalista del governo tecnico? Due le possibili chiavi di lettura. Quella più maliziosa immagina che si sia costruito un quadro un po’ truffaldino : il Riesame conferma il sequestro ma consente la continuazione dell’attività con prescrizioni per l’abbattimento dell’inquinamento, così è disinnescata la bomba sociale dei posti di lavoro; il nuovo presidente dell’Ilva, l’ex prefetto Bruno Ferrante, declama i buoni propositi, e annuncia di avere già in pista 90 milioni per investimenti a tutela dell’ambiente; il governo, attraverso Clini, imposta un percorso stringente di prescrizioni ambientali per l’azienda; il governatore della Puglia, Nichi Vendola, si dice soddisfatto del grande e virtuoso accordo. Come sempre il rischio è che tutto ciò serva a far calare la tensione e l’attenzione mediatica, in modo da non pagare dazio se per caso il virtuoso percorso risanatore si arenasse, come sempre è accaduto in passato. Queste ipotesi dietrologiche possono essere verificate solo nel tempo.
Più convincente, nell’immediato, è invece l’ipotesi che la svolta, sia da parte del governo che da parte dell’Ilva, avvenga proprio tra l’1 e il 2 di agosto, quando cominciano a circolare le notizie sull’inchiesta parallela, quella per corruzione in atti giudiziari a carico di dirigenti dell’Ilva. Mille pagine d’informativa della Guardia di Finanza dipingerebbero rapporti non trasparentissimi tra gli uomini di Emilio Riva, i politici locali e nazionali, le strutture del ministero dell’Ambiente. Cose che non aiuterebbero la linea dura del tipo “noi siamo in regola e i magistrati sono pazzi”. Il 2 agosto Ferrante ha rinunciato al ricorso al Tar contro Clini che aveva riaperto la procedura Aia per rivedere i termini dell’autorizzazione ambientale che consente all’Ilva di produrre a Taranto. Da lì è cominciato il cinguettio generalizzato del “dialoghiamo, dialoghiamo”. E i ministri tecnici hanno capito che era meglio farsi sbianchettare dalle foto di gruppo col vecchio Riva, l’amico di Silvio Berlusconi lasciato dal Riesame agli arresti domiciliari.
Il Fatto Quotidiano, 9 Agosto 2012