Mi ha fatto molto riflettere la dichiarazione del premier Monti al Wall Street Journal dove afferma che con il precedente premier, o quel che restava di esso e della sua credibilità dopo le nottate di Arcore, le balle sui nostri conti, le nipoti di Mubarak, le pagliacciate ai Summit, i mille processi ecc. ecc., lo spread avrebbe raggiunto i 1200 punti. Non mi stupisce il contenuto del messaggio visto che si tratta di una verità acquisita da chiunque non abbia fette di salame sugli occhi, e palese soprattutto nelle cancellerie europee ed extraeuropee. Né stupisce la prevedibile reazione dei vari Cicchitto & co che dopo lunghissimo esercizio danno ormai il meglio di sé nella difesa d’ufficio del capo, anzi direi che si tratta dell’unica triste attività che rimane nel loro stretto orizzonte di esecutori. E infatti non hanno perso occasione di dimostrare quanto poco interessi loro il destino del Paese, bocciando subito per “vendetta” gli emendamenti della Spending Review, dimostrando al contempo quanto ancora pesi la loro presenza e quanto squallida sia (“l’abbiamo fatto apposta” pare abbia dichiarato Pietro Laffranco del Pdl).

Mi sono chiesto perché il premier si sia lasciato andare a una dichiarazione tanto importante, potendone di certo prevedere le conseguenze. E’ possibile che sia stata una svista, un errore, un azzardo? Io non lo credo, visto che siamo ai massimi livelli della comunicazione politica, dove ogni parola deve essere soppesata, valutata e approvata. Qui si poteva prevedere il risalto che tale affermazione avrebbe generato tra le comari del nostro provincialissimo dibattito interno. La risposta che mi sono dato è che Monti ha voluto lanciare un messaggio ai partner internazionali e ai mercati, assicurandoli di un non ritorno di B. al governo, e di quanto sia consapevole lui in prima persona dei rischi di tale prospettiva. Lanciato il messaggio, l’indomani ha poi accettato il teatrino ipocrita della telefonata con tante scuse per una “frase estrapolata dal contesto” ecc. ecc.

Vorrei dire che quando si parla di Monti e si considera il suo operato bisognerebbe mettere a fuoco un aspetto e una difficoltà che è ben rivelata in questo passaggio. E cioè che Monti è il primo premier costretto allo sforzo quotidiano di parlare contemporaneamente all’Europa e al nostro cortile interno evitando che si crei un corto circuito tra due poli così distanti. Possiamo solo immaginare la difficoltà di lanciare un messaggio che sa essere indispensabile per gli equilibri internazionali, avendo cura che tale messaggio non irriti i nostri leader all’amatriciana ognuno con il suo orticello da difendere, tanto evoluti da vendicarsi poi alla prima occasione. Qualsiasi opinione si abbia di Monti, vista l’arretratezza della nostra classe dirigente, gli va riconosciuto lo sforzo di governare nella fase più critica di tutta la storia recente, anche sul piano della comunicazione. Pochi in Italia oggi sarebbero in grado o anche disposti a gestire una tale impresa.

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