Il sindaco di Palermo: "Prima l'attacco a Scarpinato, ora questo contro Ingroia e gli altri magistrati: situazione preoccupante"
Quante firme avete raggiunto?” Siamo ben oltre le sessantamila. “Bene, fatemi un favore: mettete anche la mia”. Leoluca Orlando, sindaco di Palermo da pochi mesi, per la quarta volta con la fascia tricolore. Il primo mandato risale al 1985, fino al 1990. In procura c’erano Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. “Sì, il clima di isolamento di questi giorni attorno ai pm, mi ricorda quei tempi lì. Ma andiamo per gradi. Partiamo da Scarpinato”.
Prego.
Quello che ha detto alla commemorazione di Borsellino, è il pensiero di milioni di persone. Lei non sa quante volte mi sono sentito a disagio nel partecipare ad appuntamenti nei quali si sono presentate persone palesemente legate ad ambienti mafiosi.
A chi si riferisce, in particolare?
Anche a esponenti delle istituzioni. Gente collusa o vicina a Cosa Nostra.
Eppure il Procuratore di Caltanissetta è stato oggetto di attacchi. Come ora i pm di Palermo.
Sono molto preoccupato.
In particolare?
Temo venga fuori un messaggio di isolamento.
Ma questo isolamento è solo una preoccupazione, o, oramai, anche un fatto oggettivo?
Diciamo che oggettivamente si produce un isolamento. Poi le iniziative come la vostra aiutano a contrastarlo.
Qual è la sua opinione sulle intercettazioni legate al Capo dello Stato?
A prescindere se è fondato o meno il conflitto di attribuzione, credo che questa iniziativa del Quirinale produca una sensazione di smarrimento. Per questo ho invitato Giorgio Napolitano a lanciare un messaggio di sostegno ai magistrati di Caltanissetta e Palermo.
In particolare, che tipo di messaggio?
Che li sproni ad andare avanti nei processi contro la mafia per fare luce sulla trattativa .
Secondo alcuni, con la mafia è anche giusto trovare dei compromessi.
Siamo un paese in cui un ministro dei Lavori pubblici (Pietro Lunardi, ndr) ha parlato di convivenza con la criminalità organizzata. La verità è che queste posizioni sono solo utili ai mafiosi. Anzi le dico di più: chiunque cede di un passo è loro complice, anche se non si configura alcun reato.
Rispetto al passato, quali altri momenti così drammatici ricorda?
Penso al 1988, quando Paolo Borsellino denunciò un calo di tensione nella lotta contro la mafia. In quell’occasione si scatenarono i soliti perbenisti del giorno dopo. Ma allora come oggi la questione è sempre la stessa: si rischia l’isolamento quando le inchieste possono toccare un livello istituzionalmente sensibile.
Secondo Falcone la sua salvezza era direttamente proporzionata alla solidarietà, alla vicinanza delle istituzioni e dei cittadini. Il silenzio avrebbe voluto dire “morte”.
È esattamente così. Per questo, nel 1988, dopo le accuse subìte da Borsellino, organizzai una conferenza stampa per dire: giù le mani dai pm. Vede, i magistrati devono agire solo se hanno le prove, ma detto questo, noi tutti dobbiamo incoraggiarli e non trovare gli ostacoli per impedirlo.
Che ne pensa dell’incarico di Ingroia in Guatemala?
Rischia di essere strumentalizzato come un indebolimento complessivo nella lotta contro la mafia.
In che senso?
Ha fatto una scelta di vita che rispetto, ma l’aver accettato il Guatemala obbliga tutti noi che restiamo qui ad andare avanti comunque, nonostante queste tre gravi situazioni.
Lei mette in fila la vicenda Scarpinato, l’attacco ai pm di Palermo e la scelta di Ingroia?
Tutti elementi che creano un clima di sconforto e di sbandamento.
da Il Fatto Quotidiano del 10 agosto 2012