Lo ha stabilito una sentenza del Tar della Puglia. La procedura finora in vigore, invece, ha permesso alle emittenti di appianare i debiti una volta avuta la certezza sull’erogazione dei fondi. Il ministero dello Sviluppo prima ha ignorato la pronuncia, poi ha fatto un passo indietro: ora tutti si devono adeguare
Rischiano di rimanere senza i contributi pubblici le emittenti private italiane, per una sorta di corto circuito burocratico nato da una sentenza del Tar Puglia. Una vicenda complessa, che potrebbe portare alcune storiche tv locali a licenziare buona parte delle redazioni e dei tecnici, avviandosi, in alcuni casi, verso la chiusura delle trasmissioni.
La vicenda parte da un contenzioso finito davanti ai giudici amministrativi pugliesi un paio di anni fa sulla corretta interpretazione della legge sui contributi per le emittenti locali, che prevede la regolarità dei versamenti previdenziali dei dipendenti. Il problema – non da poco – è quando va verificata la posizione della società editrice: per il Tar della Puglia una società indebitata con gli enti previdenziali non può neanche presentare la domanda. Fino al pronunciamento del tribunale amministrativo di Bari i Corecom – ovvero gli organi regionali che si occupano dell’emittenza e delle telecomunicazioni – ricevevano le domande, stilavano le graduatorie e poi il ministero dello Sviluppo economico subordinava l’erogazione dei soldi stanziati alla certificazione della regolarità contributiva. Una procedura, indicata dallo stesso ministero, che ha permesso agli editori delle testate televisive locali di sistemare i conti una volta avuta la certezza sull’erogazione dei contributi pubblici.
Fino a questo punto la storia è in fondo abbastanza banale: serve maggior rigore, visto che si parla di soldi pubblici, hanno spiegato i magistrati del Tar. Il problema nasce subito dopo la conferma della sentenza da parte del Consiglio di Stato. I Corecom pongono una questione non da poco al ministero dello Sviluppo economico, deputato alla gestione dei soldi diretti alle tv locali, con un budget annuo che supera gli 80 milioni di euro: il nuovo criterio vale solo per la Puglia o dovrà essere condiviso da tutti? La risposta inviata ai Corecom non lasciava spazio al dubbio: la sentenza pugliese è “applicabile – si legge in una nota del 12 aprile dello scorso anno – alle sole parti destinatarie del provvedimento”. Ovvero la prassi di verificare la regolarità nei versamenti dei contributi dei lavoratori solo dopo aver approvato la graduatoria per l’erogazione dei contributi pubblici rimane in piedi. La prima sorpresa è arrivata lo scorso febbraio, dopo che alcuni Corecom avevano già stilato le graduatorie seguendo la consueta procedura, confermata dalla circolare dello scorso anno: il Ministero imbocca la retromarcia e chiede di adeguarsi a quella stessa sentenza che un anno prima aveva detto di non tenere in considerazione. Con buona pace delle emittenti che avevano fatto affidamento sulla prassi ministeriale, che rischiano di perdere i contributi statali. Orientamento ribadito con fermezza qualche giorno fa dal direttore generale del dicastero di Passera che ha bloccato tutti i giochi, avvertendo i Corecom di adeguarsi, altrimenti salta “il riparto della somma stanziata”, come si legge in una nota inviata al coordinamento dei Corecom. Un vero pasticcio ministeriale, che porterà a una inevitabile sequenza di ricorsi. Intanto l’esodo dalle redazioni delle televisioni locali è iniziato, con un rischio occupazionale pesante.