Dopo il taglio ai rimborsi elettorali, il Partito democratico corre ai ripari e mette alla porta i propri dipendenti siglando un accordo sindacale che prevede la chiamata al lavoro saltuaria “secondo le necessità tecnico-organizzative”
Cinque persone in cassa integrazione da subito, e fino al 31 dicembre prossimo. Una sesta si salva per ora perché è in malattia. Tre contratti a progetto che alla scadenza non saranno rinnovati. In Sardegna il Partito democratico azzera il personale come risultato della crisi finanziaria dovuta al taglio dei rimborsi elettorali. A Capodanno, ammette il segretario regionale Silvio Lai, è probabile che scattino i licenziamenti.
LA STORIA ha qualcosa di paradossale. Il Pd sardo, stando ai dati pubblicati sul sito, ha accumulato negli ultimi due anni un avanzo di bilancio di 375 mila euro. Ma nel 2012, spiega il tesoriere Dino Pusceddu, le entrate calano da 761 mila a 420 mila euro, e il partito non è più in grado di fronteggiare il costo del personale, pari nel 2011 a 195 mila euro.
Gian Valerio Sanna, consigliere regionale Pd, spara a zero sul quartier generale del partito, e parla di una decisione presa “senza neppure andare ad aprire i faldoni contenenti i documenti con le giustificazioni delle proprie spese e delle proprie entrate e poter analizzare all’occorrenza dove è possibile andare a risparmiare qualcosa come sui rimborsi spesa ai segretari e dirigenti vari, servizi inutili e convenzioni con collaboratori del nulla”. Sanna, ex assessore all’urbanistica nella giunta guidata da Renato Soru (2004-2009), pone un problema politico imbarazzante: “Il Pd, paladino della giusta conservazione di ogni opportunità di lavoro specie quando questo viene aggredito o messo a repentaglio dalla crisi o dalla ingordigia dell’imprenditore di turno, scarica i propri lavoratori per non avere impiccio a far quadrare i bilanci”.
La Sardegna è la regione che batte ogni record di disoccupazione, e dove si fa largo uso della cassa integrazione in deroga, quella concessa a chi non avrebbe diritto a quella ordinaria, per esempio i dipendenti delle piccole imprese. E Il Pd da piccola impresa si è comportato: ha stilato apposito accordo sindacale, si è impegnato a richiamare al lavoro dalla cassa qualcuno ogni tanto “secondo le necessità tecnico-organizzative” e via, il dado è tratto.
C’È UN ASPETTO beffardo, soprattutto per quanti si sono battuti per il taglio del finanziamento ai partiti. Il Pd sardo, nel 2011, ha ricevuto dal partito nazionale una quota di rimborso elettorale pari a 324 mila euro. Quest’anno la quota risulta dimezzata, quindi vengono a mancare circa 160 mila euro. Però le esangui casse del Pd, mettendo i dipendenti in conto alla cassa integrazione, riusciranno a trasferire parte dei loro costi di nuovo a carico del contribuente. E a chi credeva di battersi per i tagli ai privilegi e agli sprechi della politica, resta la beffa di vedere che il Pd per prima cosa taglia i posti di lavoro.
da Il Fatto Quotidiano dell’11 agosto 2012