Se la metà delle balle che ci hanno raccontato Giorgio Napolitano e Mario Monti fossero vere, lo spread sarebbe sotto zero.
La telenovela dello spread
Per lo spread che saliva sempre più
si partì con la colpa a Berlusconi.
Napolitan che veglia di lassù
lo cacciò e volle l’uom della Bocconi
che in un amen passò da professore
a senatore a vita, a presidente
e, infin, dell’Italia a salvatore.
Lo spread calò, ma momentaneamente.
“Troppe pensioni, troppi pensionati,
la nostra anomalia sta tutta lì!”
Pensionati e pension furon tagliati,
lo spread calò, poi rapido salì.
“La colpa è dell’articolo diciotto
che fa i lavorator troppo protetti!”
E la Fornero con un gran cazzottto
ne corresse in un attimo i difetti.
Lo spread discese fra gli hip hip urrà
per risalir, sornione, il giorno dopo.
“Colpa di Squinzi, quel quaraquaquà
che disse: “La riforma non è all’uopo!”
“Tagliamo le province, gli ospedali,
i tribunali, i giudici di pace,
licenziamo milioni di statali!”
Lo spread calò, ma risalì tenace.
“La colpa è della Grecia, della Spagna,
delle banche, dei falchi della Ue,
della culona boss dell’Alemagna,
di EffeEmmeI e BiCiE!”
Una cazzata al giorno si è sentita
dai bocconian che Giorgio mise lì,
ma la discesa ritornò salita
e siamo a cinquecento o giù di lì.
Daran la colpa al flop dei nuotatori,
ai magistrati siculi eversivi,
a Conte finalmente fatto fuori
e ai tropicali anticicloni estivi.
Ma già si affaccia l’ultima teoria:
“Lo spread non scende causa il dopo Monti…”
Tornar dovesse la democrazia,
andrebbero a puttane tutti i conti.
Il Capo dello Stato, non contento
dei danni fatti nel suo settennato,
sta già depositando il testamento
con il colpo di grazia più spietato.
“Se dello spread volete la discesa,
lasciate stare la democrazia
e affidatevi a Monti ed alla Chiesa!”
Tanto salì lo spread che volò via.