Mediobanca ha un bel dire che in Italia investire in Btp è più remunerativo che fare impresa: non c’è tasso d’interesse allettante che tenga, sono sempre meno gli stranieri che credono nel Paese e ne acquistano i titoli di Stato. Il caso di Goldman Sachs, che ha recentemente venduto quasi tutti i titoli del Tesoro italiano che aveva in portafoglio, non è infatti isolato.
Numeri alla mano, infatti, secondo i dati della Banca d’Italia riferiti ad aprile in un anno il peso degli investitori stranieri sul debito italiano è crollato del 26% circa. Nel dettaglio via Nazionale rileva che in mano ai non residenti in Italia c’è soltanto il 37% dei titoli di Stato, per un controvalore di 596 miliardi sul totale di circa 1600 miliardi. Un anno prima il controvalore degli investimenti esteri su Btp e affini era invece pari a 814 miliardi di euro.
Ai 596 miliardi vanno poi dedotti i titoli in mano alla Bce oltre che all’Efsf. Calcolando l’ascesa dei titoli e il probabile continuo disinvestimento degli stranieri, la quota in mano ai non residenti potrebbe oramai avvicinarsi al 32-33 per cento.
La fuga dall’Italia e dagli altri Paesi europei a rischio sta favorendo, tra gli altri, gli Stati Uniti, che continuano a essere percepiti dagli investitori come un paradiso sicuro. Nonostante il taglio del giudizio sul merito di credito da parte delle agenzie di rating e la conseguente perdita della tripla A (massima sicurezza dell’investimento), infatti, gli Usa continuano ad attirare fondi. Grazie soprattutto alla crisi del debito in Europa e alle tensioni in Grecia, Spagna o Italia, che secondo il Wall Street Journal innescano la corsa “nelle braccia sicure del governo americano”.
Il quotidiano finanziario del gruppo Murdoch sottolinea però che gli Stati Uniti rischiano ulteriori tagli del rating il prossimo anno se non si troverà un accordo per superare il “fiscal cliff”‘, ovvero se non si troverà un accordo con il quale evitare che scattino il mix di tagli alla spesa e aumento delle tasse. E la corsa a investire in titoli di Paesi considerati sicuri ha anche effetti controproducenti: la domanda di titoli francesi, ad esempio, allenta le pressioni sul governo per le riforme. Lo stesso vale per gli Stati Uniti, dove la politica non sente la necessità di affrontare con urgenza i problemi economici e di bilancio.