“Non sono qui per far giustizia ma per applicare la legge“: sono le parole pronunciate da un giudice americano che Gaetano Salvemini volle ricordare non appena tornato in Italia dopo vent’anni di esilio fascista. Le dedico a Patrizia Todisco, il giudice per le indagine preliminari di Taranto sotto pressione per aver applicato la legge dicendo una cosa semplice: la produzione dell’Ilva crea pericolo per la salute e non può proseguire sino a quando non rientra nella legalità. Chapeau.
Mi immagino il tormento che stia vivendo la Todisco sapendo le conseguenze che le sue decisioni potranno avere sulla comunità in cui è nata e vissuta. Ma il giudice deve essere questo, la bocca della legge. Gestire gli effetti di un provvedimento giudiziario, se ritenuto corretto dai diversi gradi, sono roba per i governi, non dei giudici.
Gli attacchi al giudice Todisco di coloro che portano la responsabilità storica della situazione drammatica di Taranto – dagli imprenditori ai politici del Pd e del Pdl sino ai governatori vecchi e nuovi della Puglia- cosi’ come l’incapacità del Governo di affrontare la straordinarietà del momento, si spiegano con una cultura della classe dirigente italiana priva di senso del diritto. La stessa che gli fa girare lo sguardo da un’altra parte di fronte alla realtà illegale delle nostre carceri.
Come a Taranto una impresa che avvelena non può continuare a produrre, così le carceri che non consentono di vivere in condizioni umane non possono continuare a riempirsi di detenuti (come han detto nei mesi scorsi le alte corti tedesche e americane). Chi ha senso del diritto a Taranto si metterebbe dalla parte del giudice Todisco e si preoccuperebbe di creare alternative, riconvertendo il tessuto industriale.