Nella cerimonia che segna la fine delle Olimpiadi anche la premiazione della maratona maschile. E quando è quasi mezzanotte si spegne il braciere e si accende il cielo della City, illuminata a giorno dai fuochi d’artificio
Londra saluta i suoi Giochi. Lo ha fatto ieri sera con una cerimonia di chiusura informale, per certi versi antitetica a quella impostatissima dell’inaugurazione. Non manca la celebrazione dell’orgoglio british, sul palco a forma di un’enorme Union Jack. Ma stavolta con un occhio di riguardo per i giovani ed i loro gusti; per dare un senso al motto di London 2012, “inspire a generation”. Anche se i Beatles e i Queen valgono più in video che cantati da Russel Brand o Jessie J. C’è spazio anche per l’ultimo atto della manifestazione sportiva: la premiazione della maratona maschile, la gara delle gare, secondo protocollo.
Le tradizioni sono importanti, in Inghilterra anche di più. E dopo God save the Queen l’Olympic Stadium di Stratford si alza in piedi per l’inno dell’Uganda, al secondo oro a 40 anni di distanza da Monaco 1972: è il bello dello sport, che la globalizzazione l’ha sempre conosciuta. Gli atleti sfilano insieme, un gran miscuglio di volti e colori, senza divisioni. Noi la nostra bandiera la affidiamo a Daniele Molmenti, oro nel K1: un gigante bravo e spaccone, che sorride sempre anche quando rappresenta un Paese intero. Se lo merita quel tricolore. Prima e dopo balli e danze. Ma soprattutto, come già due settimane fa, è il trionfo della musica. Certo la colonna sonora a tratti lascia a desiderare: in apertura, insieme ai Pet Shop Boys, ci sono anche i One Direction. Rispetto a Paul McCartney è quasi un tracollo, ma pur sempre in salsa british.
Poi finalmente suona Imagine. E quando sui maxi-schermi compare il faccione di John Lennon sono brividi. È il momento della musica, quella vera: Bohemian rapsody, Freedom, Wish you were here e chi più ne ha più ne metta. L’elenco è lungo: in questo i Britons sono davvero dei maestri. In mezzo, l’apice è l’esibizione live delle Spice Girls, attesissima a suo modo. Seguita a ruota da Liam Gallagher che canta Wonderwall (però come Beady Eye – e chi sono costoro? – e non come Oasis, manca Noel). Quindi i Muse, con la loro Survival: sarebbe l’inno dei Giochi, ma la Rai valuta che sia questo il momento più opportuno per mandare la pubblicità. Opinioni. La chiusura comunque non ce la toglie nessuno: in grande stile, tutta per gli Who. Così le ore passano. E quando è quasi mezzanotte si spegne il braciere e si accende il cielo della City, illuminata a giorno dai fuochi d’artificio. Il sindaco Boris Johnson passa il testimone a quello di Rio de Janeiro, siamo già proiettati nel futuro; e a darci il benvenuto sul palco arriva a sorpresa anche Pelè. Poi è tempo di discorsi e di saluti. That’s all. Si chiude il sipario a Londra, in attesa di Rio 2016.