Per ora gli unici a sfilarsi dalla discussione sono l'Idv e il Pd, che sostengono di non aver mai messo mano al portafoglio per comprare spazi televisivi. Anche se in realtà il partito di Bersani, in Emilia, spende 63 mila euro per pubblicazioni non precisate. Favia: "Nulla da nascondere, continuerò a pagare per quegli spazi in televisione"
Un’ora di diretta in tv. A pagamento. È polemica in Regione Emilia Romagna sulle apparizioni televisive dei consiglieri: da 200 a 500 euro prelevati dalle risorse pubbliche, per 60 minuti di diretta nelle emittenti locali. Coinvolti esponenti di ogni colore politico, da Pdl a Sel. Anche se nella bufera è finito soprattutto il Movimento 5 Stelle, che si è sempre proclamato paladino dell’informazione in rete e non in tv. Il consigliere M5S Giovanni Favia ha ammesso di avere stipulato un contratto di 200 euro al mese per apparire da emittenti locali: “L’informazione non è libera, continuerò a pagare per andare in tv”, ha detto Favia. E se l’è presa con Repubblica che, nell’edizione nazionale di martedì, ha sollevato il caso delle partecipazioni dietro pagamento. Secondo Favia, quella di Repubblica “non è una rivelazione ma disinformazione”, perché quelle spese sono documentate sul sito del Movimento.“In questo modo riusciamo ad arrivare a quella fascia di popolazione che non ha dimestichezza con la rete – ha spiegato – E comunque è tutto fatto nella massima trasparenza, rendicontato e pubblicato online sulle nostre pagine web”.
Dunque, si tratterebbe di un modo per garantirsi visibilità sugli schermi televisivi nato agli albori della Prima Repubblica. E mai abbandonato. “Ci mettono a disposizione un’ora di diretta, in cui raccontare cosa facciamo e rispondere alle domande dei cittadini – si difende ancora Favia – Non vedo nessuno scandalo. Abbiamo deciso di spendere in questo modo i soldi che la Regione, rispettando una legge (la 150 del 2000), ci mette a disposizione per le attività di comunicazione. Ci sembra una cifra tutto sommato ridotta, che però ci permette di raccontare anche a chi usa poco internet cosa facciamo in aula. Spenderemmo la stessa cifra, forse anche di più, per andare in tipografia a stampare dei volantini o delle pubblicazioni”. Il problema, secondo Favia, non esiste. Al limite si tratta di un errore delle tv che non sempre segnalano che si tratta di spazi pagati: “Io l’ho chiesto, e infatti è stato detto a voce dal conduttore”.
Le apparizioni dei consiglieri vengono comprate attingendo al fondo che la Regione mette a disposizione dei gruppi, ripartito alle varie formazioni politiche in base al numero degli eletti. Un tesoretto da quasi 4 milioni l’anno che comprende anche altre voci, come pranzi di lavoro, iniziative pubbliche, incontri e cene. “Abbiamo usato 1500 euro per cinque ospitate in tv – ha chiarito Galeazzo Bignami, del Pdl -. È vero che non è l’unico strumento di comunicazione che abbiamo, ma è anche vero che sicuramente c’è un problema di rappresentatività. Perché piaccia o non piaccia la giunta ha un visibilità maggiore”. Specificando: “Non si tratta di interviste concordate, perché i cittadini chiamano e fanno domande liberamente”. Per ora gli unici a sfilarsi dalla discussione sono l’Idv e il Pd, che sostengono di non aver mai messo mano al portafoglio per comprare spazi televisivi. Favia risponde così alle accuse pubblicate sulle colonne di Repubblica: “La solita operazione didisinformazione di Repubblica nei nostri confronti. Noi non paghiamo nessun giornalista nè abbiamo quotidiani amici. La cosa su cui Repubblica non si interroga è come mai il Pd fosse l’unico a non pagare pur partecipando”. Anche se in realtà il partito di Bersani, in Emilia, spende 63 mila euro per pubblicazioni non precisate.