Il film con il maggiore incasso al botteghino cinematografico nella storia d’Italia è ‘Che bella giornata’ (2011) di Gennaro Nunziante, con Checco Zalone, con 43 milioni e 474mila euro. È anche il film che ha attratto il maggior numero di spettatori: sei milioni e 830mila paganti. Dati incredibili, soprattutto considerando la contrazione dell’accesso alle sale nel nostro Paese nel 2012.
Questi dati autorizzano a pensare che questo sia il miglior film della storia d’Italia? I critici sarebbero certamente in disaccordo.
Adesso spostiamo il fuoco su Internet. Il post più letto o quello più condiviso sui social media può essere considerato il migliore post disponibile online? Anche in questo caso, la risposta non è né lineare né, forse, univoca.
Eppure gli indicatori di ‘successo’ di un articolo, di un post, di un testo scritto online sono ancorati solo a dati quantitativi. Spesso questi dati sono legati solamente al numero di condivisioni sui principali social media. Si può fare lo stesso discorso all’interno di ambienti chiusi come Facebook e per contenuti non complessi come aggiornamenti di stato o foto.
Quantità non coincide necessariamente con qualità e ciò, se è vero, dovrebbe esserlo indistintamente online e offline (perché le distinzioni online-offline non ha più senso quando si parla di qualità dei contenuti). Ciò che però è dato per scontato nei contesti ‘tradizionali’ non sempre è così automatico online: non è così infrequente discutere di post e di misurarne il successo sulla base del numero di visualizzazioni e condivisioni.
Paradossalmente l’analisi qualitativa dei contenuti online è indietro rispetto all’offline: esiste la critica cinematografica ed esistono anche codici quantiativi e qualitativi più o meno universali per classificare i film (le recensioni, i voti, i premi dei festival, persino i commenti degli altri addetti ai lavori), ma non c’è niente di tutto questo per ciò che è scritto su Internet. Ma non si può recensire, commentare, giudicare tutto. E allora come si fa?
Non ho una risposta precisa a questa domanda, ma sento il bisogno di criteri che non siano meramente quantitativi. Probabilmente si dovranno immaginare indici come il rapporto tra visualizzazioni e condivisioni (un post relativamente poco letto ma molto condiviso sarà stato letto da una nicchia fortemente motivata: ma se fosse un post fortemente polarizzante? Sarebbe giusto misurare la qualità in questo modo?), o immaginare dei premi Pulitzer all’italiana per il web (con tutti i limiti di ogni forma di premialità). Sarebbe bello sapere qual è il pensiero dei giornalisti di carta stampata di ciò che si scrive su Internet.
Per il momento ci si deve accontentare del numero dei lettori, del numero di ‘mi piace’ e delle reti di relazione generate a partire dalla condivisione di un contenuto. Aspettando il giorno, chissà quanto lontano, in cui le pagine Facebook e Twitter dei grandi giornali ospiteranno i link dei migliori articoli delle testate concorrenti. Quello sì che sarebbe un attestato pubblico di qualità.