ThyssenKrupp abbandona l’Emilia Romagna. A rimanere col cerino in mano 500 operai di Berco, paesino del Ferrarese e storica sede della più grande azienda metalmecannica della regione. Ma a rischio sono tutti i 2100 operai italiani del gruppo tedesco. Che vuole chiudere o, nella migliore delle ipotesi, cercare un compratore. “Non c’è motivo per essere ottimisti”, spiegano i sindacati che sotto ferragosto tentano di capire che fine farà l’azienda, entrata dopo una lunghissima ristrutturazione nella lista delle attività che ThyssenKrupp vuole dismettere. “A rischio ci sono centinaia di posti di lavoro”, attacca il consigliere regionale emiliano romagnolo Roberto Sconciaforni. Di sicuro c’è la volontà della multinazionale tedesca di liberarsi di un’attività non più strategica. Se possibile vendendo.
La notizia della vendita è fresca di pochi giorni. Berco non rientra più nei piani di Thyssen, che sta progettando da tempo, spiegano i sindacati, un “disegno di disimpegno graduale del gruppo da tutto il territorio nazionale”. Il problema, come sempre, è tentare di non perdere posti di lavoro. La dirigenza aziendale non ha fornito garanzie di nessun tipo sul futuro occupazionale degli operai di Ferrara e dei loro colleghi di Castelfranco Veneto e Bussano Torinese. Di certo c’è chi mette in conto anche il peggio. E infatti i sindacati hanno emesso un comunicato congiunto in cui si impegnano a gestire con le istituzioni eventuali “ricadute occupazionali negative”.
Berco è stata fondata nel 1918 a Copparo, nel Ferrarese, da Vezio Bertoni. In poco tempo quella che era partita come una piccola bottega è riuscita a diventare prima officina e poi grande fabbrica, tanto da essere presa di mira dai bombardieri alleati durante la seconda guerra mondiale. A fine guerra una nuova fase di sviluppo, con l’azienda che diventa leader nella componentistica per sottocarri. Negli ultimi decenni l’arrivo dei tedeschi, prima il gruppo Hoesch, poi lo storico marchio Krupp e infine la Thyssen nel 1999. Il resto è cronaca. La crisi che dal 2008 morde tutto il settore, la produzione che ristagna, il susseguirsi di incontri sindacali e annunci di possibili esuberi. A tenere in piedi una realtà in crisi anni di cassa integrazione prima ordinaria e poi speciale per tentare una ristrutturazione e il rilancio. Nonostante la produzione in ripresa infatti, la Berco a inizio 2012 non ha soddisfatto gli azionisti tedeschi, in cerca di utili dopo aver investito milioni nello stabilimento di Copparo. Non una novità. Già nel 2010 la dirigenza aveva annunciato un piano industriale con 750 esuberi, poi in parte assorbiti dagli ammortizzatori sociali, dai pensionamenti e dalle dimissioni anche incentivate.
“Attualmente – spiega il consigliere regionale Sconciforni – sembra essere interessato all’acquisto un solo compratore straniero, di cui però non si conosce l’identità, né se sia un soggetto industriale o finanziario”, mentre “l’alta professionalità dei lavoratori del gruppo Berco è da considerarsi un importante valore aggiunto che non deve andare sprecato”. “Vi comunicheremo il nome del compratore un minuto dopo aver concluso la trattativa di vendita”, ha spiegato la dirigenza Thyssen ai sindacati. La questione, ormai non più solo locale, finirà a Roma, dove sarà affrontata in un tavolo a cui parteciperanno le istituzioni locali e il ministro Corrado Passera.