Ci avete mai fatto caso che in gran parte dei Teatri Stabili italiani il direttore artistico si onora di firmare anche quei due o tre spettacoli all’anno nello stesso teatro?
Io non ci avevo mai fatto molto caso fino a quando ho cominciato a notare questa curiosa coincidenza. Così ho iniziato a spulciare i cartelloni e la programmazione dei teatri stabili ed effettivamente più che un caso è una regola conclamata.
Così ho capito che deve essere un uso e costume in voga qui da noi e che certamente debba avere le sue buone ragioni, se è stato adottato da tanti illustri direttori e personalità.
Mi sono subito detta: lo faranno per economia, che carini, sono Direttori del teatro e dunque hanno la responsabilità oltre che artistica anche economica. Così vogliono evitare spese superflue, magari chiamando qualche illustre collega dovrebbero prezzolarlo lautamente, invece loro prestano la loro opera a titolo pressoché gratuito. E quanto lavoro per un povero direttore artistico che si debba sobbarcare anche la regia di opere spesso di grande portata, quanta generosità nei confronti di quel Teatro che dirige e che vuole vedere ai massimi livelli di eccellenza, di valore, di prestigio, ma soprattutto di ricerca artistica!
Invece no, pare che mi sia sbagliata. In realtà mi hanno detto che i signori direttori artistici per i loro spettacoli, proprio quelli realizzati nel teatro che dirigono con tanto zelo vengono lautamente ricompensati. E va bene, mi sono detta , in fondo è giusto così, pochi non addetti ai lavori sanno quanto lavoro ci sia dietro ognuno di questi spettacoli e se un direttore artistico oltre al suo prioritario incarico deve anche fare quelle due o tre regie all’anno, non vorremo pagarlo? E’ giusto, è sacrosanto. Un pover’uomo che deve correre a destra e a manca e passare da riunioni a raffica per la gestione di un qualsiasi teatro stabile che si rispetti al vento sacro dell’ispirazione creativa è sottoposto a un livello di stress mentale che nessuno può immaginare. Ricoprire ruoli tanto diversi merita una ricompensa adeguata.
E poi, altra questione importantissima: si crede che gli artisti non abbiano famiglia, li si vede come esseri asessuati, liberi da ogni vincolo, da ogni legame, ma per favore, siamo seri. Anche loro avranno una famiglia da mantenere, avranno figli e mogli e un giorno quei figli diventeranno grandi e avranno anche dei nipoti… Vogliamo dare un futuro a queste creature? Vogliamo una buona volta renderci conto che il teatro e il cinema sono occupazioni e lavori come tutti gli altri? L’abbiamo detto tante volte, abbiamo combattuto alacremente contro chi dice: la cultura non si mangia, abbiamo disprezzato un pensiero tanto barbaro e ora vogliamo fare un’eccezione solo ed esclusivamente per i direttori artistici di teatri stabili? Dobbiamo essere coerenti. E dunque, se questi direttori artistici di Teatri Stabili ritengono per esempio di includere nei loro cartelloni e nei loro spettacoli mogli, figli e anche nipoti, dobbiamo gioirne, anche perché questo è un ottimo metodo contro la disoccupazione galoppante e andrebbe preso come esempio dappertutto, in ogni tipo di azienda.
Non è la famiglia che va tutelata prima di ogni altra cosa? Siamo in Italia dove l’unica istituzione veramente solida è la Famiglia, appunto. E poi, nessuno troverà da ridire se si pensa che anche il grande Edoardo ha cresciuto i suoi figlioli proprio sulle tavole del palcoscenico. Come dite? C’è un po’ di differenza? E va bene , non siate cattivi, i tempi cambiano, cambiano gli uomini, l’importante è che non cambino le abitudini, quelle buone intendo.