Poche righe pubblicate sul suo blog, per un intervento che ha il sapore di un rimprovero. “Pagare per andare in televisione per il Movimento 5 Stelle è come pagare per andare al proprio funerale, anche se è certamente lecito” Così Beppe Grillo, dopo due giorni di silenzio, interviene sulla polemica delle apparizioni televisive a pagamento. Bacchettando i consiglieri regionali del Piemonte e dell’Emilia Romagna, Davide Bono e Giovanni Favia, “rei” di aver acquistato con i soldi pubblici spazi informativi sulle emittenti locali: “I soldi pubblici e il Movimento 5 stelle sono inconciliabili”.
Alcuni giorni fa il consigliere dell’Emilia Romagna, Giovanni Favia ha dichiarato di aver stipulato un contratto da 200 euro al mese, per uno spazio mattutino a 7Gold: “È fatto tutto nella massima trasparenza, rendicontato e pubblicato online sulle nostre pagine web”. Gli spazi sono stati comprati attingendo al fondo che la Regione mette a disposizione dei gruppi per le attività istituzionali, ripartito alle varie formazioni politiche in base al numero degli eletti. Un tesoretto da quasi 4 milioni l’anno che comprende anche altre voci, come pranzi di lavoro, iniziative pubbliche, incontri e cene. Una pratica abbastanza consolidata, che coinvolge partiti di quasi tutti i colori politici, dal Pdl a Sel. Anche se nella bufera mediatica è finito soprattutto il Movimento 5 stelle, da sempre paladino dell’informazione in rete. “Nessuno scandalo – ha aggiunto Favia – n questo modo riusciamo ad arrivare a quella fascia di popolazione che non ha dimestichezza con la rete”.
Beppe Grillo però sembra pensarla diversamente. E oggi, nel suo blog, non solo condanna senza mezzi termini l’abitudine dei due eletti a 5 stelle in Regione, ma allarga il discorso proponendo una diversa gestione dei soldi pubblici. In particolare, di quelli che rimangono dopo la “autoriduzione” dello stipendio: “Il Movimento ha rifiutato ogni contributo elettorale. Proporrò a tutte le prossime liste regionali, prima di presentarsi, di impegnarsi a restituire alla Regione, o a un istituto di pubblico interesse regionale, la differenza tra lo stipendio percepito e quello regionale”.
Una bocciatura, quella che arriva dal blogger genovese, sulla quale, per ora, nessuno dei consiglieri a 5 stelle coinvolti preferisce esprimersi. Ma che rischia di allargare la distanza tra l’ispiratore del Movimento e gli eletti, in particolare in Emilia Romagna, e alimentare la tensione interna. Non è la prima volta, infatti, che Grillo condanna le attività istituzionali dei 5 stelle. A gennaio scoppiò il “caso Defranceschi”, consigliere regionale scomunicato per aver espresso solidarietà ai lavoratori del quotidiano l’Unità in crisi. E tempo qualche settimana, Beppe Grillo definì lo Ius Soli, il diritto di cittadinanza agli stranieri nati in Italia, “senza senso”, spingendo un consigliere di quartiere di origine romena, Antonina Dejeu, a dimettersi.
C’è da dire, però, che se da una parte Grillo richiama all’ordine i suoi, dall’altra li difende, attaccando la stampa. In un altro post, infatti, denuncia una sorta di campagna mediatica contro il suo ‘non partito’. Con toni aspri. “Da mesi, con un ritmo sfiancante, i quotidiani, e le testate on line che vivono di notizie ‘copia e incolla’ e rimbalzano le falsità, insultano, diffamano, spargono menzogne, inventano fatti, creano dissidi inesistenti, diffondono odio su di me e sul Movimento 5 Stelle”. E poi, riferendosi agli interventi dell’espulso Valentino Tavolazzi, aggiunge: “Danno spazio a personaggi che non intervisterebbe neppure un giornalino scolastico, scavano nel passato e osservano con una gigantesca lente di ingrandimento il presente dei consiglieri 5 Stelle per trovare il più piccolo indizio per dimostrare che il Movimento è uguale agli altri, peggio degli altri e, se messo alla prova, ruberebbe più di qualunque partito. Nulla gli è perdonato, soprattutto l’onestà”.