Si tratta dello stabilimento ArcelorMittal di Zenica, città nel cuore della repubblica della ex-Jugoslavia. Lì 3000 operai lavorano parte dell'acciaio prodotto dal colosso industriale quotato in sei Borse e con sede in Lussemburgo. I comitati di cittadini e ambientalisti locali denunciano: "Pochi investimenti a tutela della salute". Una situazione che ricorda quella in Italia del polo siderurgico pugliese
I riflettori delle Olimpiadi di Londra si spengono con la cerimonia di chiusura. Tra quello che resta svetta la ArcelorMittal Orbit, torre simbolo dei Giochi, costata più di 19 milioni di sterline. La gigantesca istallazione, alta 114,5 metri, è stata al centro di polemiche per il coinvolgimento della ArcelorMittal, multinazionale leader mondiale dell’acciaio.
E mentre in Italia domani arrivano all’Ilva di Taranto i ministri mandati da Mario Monti, torna di attualità il dibattito attorno ai grandi poli siderurgici, sulla scelta tra posti di lavoro e inquinamento. L’intervento della magistratura italiana, con conseguente rabbiosa reazione degli operai dell’Ilva, ha portato l’opinione pubblica a interrogarsi sul costo sociale di una tipologia di impresa che genera posti di lavoro, ma anche una ricaduta sociale dolorosa. L’ArcelorMittal, colosso nato nel 2006 dalla fusione tra la Arcelor e la Mittal Steel Company, di proprietà del magnate indiano Lakshmi Mittal (patriomonio stimato di oltre 31 miliardi di dollari secondo la rivista Forbes), quotata in sei Borse e con sede in Lussemburgo, occupa oltre 320mila persone e produce utili per 5 miliardi di dollari, con sedi in decine di paesi. Uno di questi è la Bosnia-Erzegovina.
L’acciaieria di Zenica, nel cuore della repubblica nata dalla dissoluzione della ex-Jugoslavia, è stata acquistata nel 2006 dalla ArcelorMittal e impiega circa 3mila persone; tante in un Paese che venti anni dopo il conflitto degli anni Novanta ha un tasso di disoccupazione del 43 per cento e dove il salario mensile medio è di 400 euro, mentre le pensioni sono in media di 150 euro al mese. Lavoro prezioso, ma a che prezzo?
”Nella regione ci sono almeno 100mila persone che hanno sviluppato, in qualche modo, patologie correlate all’inquinamento”, sostengono gli attivisti di EkoForumZenica organizzazione ambientalista nata nel 2008 che si batte per obbligare la ArcelorMittal a rendere sostenibile per l’ambiente la produzione dell’acciaieria. ”Il lavoro è importante, ma non può tenere in ostaggio migliaia di persone. L’accordo di privatizzazione prevedeva un investimento di almeno 100 milioni di dollari entro il 2010 nel territorio, tra bonifica e attività sociali, invece alla fine del 2011 l’ArcelorMittal ha speso solo 22 milioni di dollari e tutti in modernizzazione degli impianti’’.
Anche BankWatch, ong che monitora gli investimenti delle istituzioni internazionali nell’Europa Orientale, ha denunciato che neanche un euro del finanziamento di 25 milioni di euro che l’ArcelorMittal ha ricevuto nel 2006 della Banca Mondiale per la bonifica di Zenica è stato speso per l’ambiente. La multinazionale dell’acciaio e il governo bosniaco, nonostante le manifestazioni e le pressioni dell’opinione pubblica in Bosnia, non hanno mai voluto rispondere alle accuse. Il processo dell’Ilva, alla fine, potrebbe essere un precedente che riguarda tante altre vite e tanti altri posti di lavoro.