Le prescrizioni sono entrate in vigore ieri, dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto sulla spending review che obbliga i medici alla prescrizione sulla ricetta del principio attivo a meno di particolari esigenze. Ma ci saranno trenta giorni di tempo per adeguarsi come prevede la Convenzione con il Servizio sanitario nazionale.
Sulla ricetta quindi, come voluto dal governo Monti, ora comparire il nome della sostanza, contenuta nel farmaco. Questo è già sufficiente perché la ricetta sia valida e possa essere presentata dal paziente in farmacia per acquistare il prodotto dal prezzo più basso contenente quel principio attivo. Il medico può aggiungere sulla ricetta, oltre al principio attivo, anche il nome commerciale di un farmaco, specificando che esso è “non sostituibile”, ma in tal caso deve giustificare la non sostituibilità con una sintetica motivazione scritta. In questo caso il farmacista dovrà vendere all’assistito il prodotto indicato.
Il Ministero della Salute fa sapere che le nuove prescrizioni in materia “non riguardano le terapie croniche già in corso” per evitare di incorrere in inconvenienti nel passaggio da un medicinale all’altro, sia pure di uguale composizione. Resta ferma la possibilità per il paziente, già prevista dal decreto “Cresci Italia” di chiedere al farmacista un medicinale, sia equivalente che di marca, con lo stesso principio attivo ma con un costo più alto, pagando a proprie spese la differenza di prezzo rispetto al farmaco meno costoso.
Le novità hanno suscitato polemiche e perplessità. La Fimmg, il maggiore sindacato di medicina generale, informa i suoi iscritti che avranno quindi un mese per adattarsi alle novità. Per ora, “in assenza di chiarimenti circa le modalità comportamentali di quanto previsto in merito alla prescrizione per principio attivo – spiega il sindacato in una lettera agli iscritti vi ricordiamo, soprattutto per vostra tranquillità rispetto a possibili contestazioni da parte di chiunque – farmacista, servizio farmaceutico aziendale, Asl o Regioni – che l’Accordo convenzionale nazionale (all’art. 27 nel comma 7 lettera c), a tutela del tempo necessario per il corretto orientamento applicativo, prevede che le azioni di controllo valutativo sulle prescrizioni debbano tener conto di un periodo di latenza applicativa delle nuove norme”. In questo momento secondo il sindacato l’articolo contrattuale “rappresenta il nostro unico ambito di riferimento sui compiti e comportamenti da tenere anche nel rispetto di norme vigenti. Appare evidente che la Convenzione prevede, per la prescrizione in assistenza primaria, un tempo di 30 giorni quale tempo di adattamento alla emanazione ufficiale di norme che regolano la prescrizione di farmaci”. “A questo punto, vista anche la scarsa attenzione delle istituzioni per il periodo, con l’entrata in vigore a Ferragosto della norma sulla prescrizione per principio attivo riteniamo di poter indicare a tutti i medici di assistenza primaria il lasso di tempo richiamato dalla Convenzione come utile ad evitare rischi per il paziente e per il medico di medicina generale attendendo indicazioni applicative da chi avrà la responsabilità di farlo”.