Nei cosiddetti 'SuperAgers' la corteccia cerebrale, lo strato esterno del cervello che regola la capacità di pensiero, di memoria, l'attenzione e altro, appare molto più spessa di quella dei normali 80enni. Con questa ricerca si spera di svelare i segreti di questi cervelli speciali, pari a quelli di un trentenne, e di sfruttarli per proteggere altri dalla malattia
“Studiando un cervello molto anziano in buona salute possiamo cominciare a dedurre come i ‘SuperAgers‘ sono in grado di mantenere la loro memoria. Molti scienziati studiano cosa c’è di sbagliato in un cervello che deperisce, ma forse si possono aiutare i malati di Alzheimer anche capendo ciò che accade in un cervello che funziona alla grande”. E’ la riflessione della scienziata della Northwestern University (Usa) Emily Rogalski che ha studiato anziani, over 80, con memorie così lucide da far comparare i loro cervelli a quelli di 20/30enni.
I ricercatori di tutto il mondo si sono a lungo soffermati sullo studio di ciò che non va nel cervello delle persone anziane con demenza. Ma la ricercatrice statunitense si è invece chiesta che cosa va a gonfie vele in quello dei super-nonni che hanno ancora una mente fresca. L’esperta ha scoperto che la materia grigia di questi ultraottantenni molto speciali ha l’aspetto e la funzionalità di quella di un individuo con 20 o persino 30 anni di meno. I risultati dei suoi studi appaiono sul “Journal of the International Neuropsychological Society”. Rogalski ha identificato un gruppo di volontari con più di 80 anni e ricordi nitidi come una fotografia ad alta definizione e li ha sottoposti, insieme a un campione di controllo, a risonanza magnetica in 3D. I dati raccolti sono risultati sbalorditivi: nei cosiddetti ‘SuperAgers’ la corteccia cerebrale, ossia lo strato esterno del cervello che regola la capacità di pensiero, di memoria, l’attenzione e altro, appare molto più spessa di quella dei normali 80enni e molto simile a quella dei partecipanti di 50-65 anni, il gruppo di mezza età coinvolto nello studio. “Questi risultati sono notevoli in considerazione del fatto che la perdita delle cellule del cervello è comune nel normale processo di invecchiamento”, commenta Rogalski, che spera di svelare i segreti di questi cervelli così giovanili e di sfruttarli per proteggere altri dalla perdita di memoria o dalla malattia di Alzheimer.