Il presidente del Consiglio intervistato da "Tempi": "Sulle intercettazioni ci sono stati abusi e il governo prenderà iniziative". Poi giura ancora battaglia all'evasione ("L'Italia è in stato di guerra"), ribadisce la necessità degli eurobond e il sostegno alle scuole private e che non si ricandiderà: "Mi rifiuto di pensare che l’Italia non sia in grado di scegliere una maggioranza di governo efficace"
Il caso delle telefonate di Giorgio Napolitano intercettate dalla Procura di Palermo è “grave“. Il presidente del Consiglio Mario Monti, intervistato dal direttore di Tempi Luigi Amicone, parla di tutto – dall’economia alla giustizia e le intercettazioni fino alla scuola – e interviene per la prima volta anche sulle intercettazioni delle conversazioni telefoniche tra il Capo dello Stato e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa tra Stato e mafia. “E’ peraltro evidente – ha aggiunto Monti – a tutti che nel fenomeno delle intercettazioni telefoniche si sono verificati e si verificano abusi”, per cui “è compito del governo prendere iniziative a riguardo”.
L’evasione fiscale. Il problema principale per l’Italia resta, comunque, per Monti l’evasione fiscale. “Produce un grosso danno nella percezione del Paese all’estero – dice il capo del governo – Io penso che l’Italia si trova in uno stato di difficoltà soprattutto a causa di questo fenomeno e che si trova da questo punto di vista in uno ‘stato di guerra’”. La gravità della situazione quindi giustifica a suo dire l’uso di “strumenti forti”.
“La notorietà pubblica del nostro alto tasso di evasione contribuisce molto a indisporre nei confronti dell’Italia quei paesi verso i quali di tanto in tanto potremmo aver bisogno di assistenza finanziaria”, spiega Monti citando i paesi del Nord Europa. Questi “dicono: l’Italia è un paese molto ricco, però lo Stato ha un fortissimo debito pubblico che magari richiederà domani di aiutarla a rinnovare; eppure ci sono italiani ricchi o medi che sistematicamente non pagano le tasse”. Insomma, “l’evasione fiscale produce un grosso danno nella percezione del paese all’estero”.
La convinzione del premier è che ci voglia un’azione decisa: “Io stesso, fino a poche settimane fa, quando sono stato anche ministro dell’Economia e delle Finanze e quindi responsabile dell’Agenzia dell’entrate e responsabile politico della Guardia di Finanza, ho sempre incoraggiato fortemente le persone che vi lavorano a fare una dura lotta all’evasione. La seria lotta all’evasione può comportare la necessità di momenti di visibilità che possono essere antipatici. Ma che hanno un forte effetto preventivo nei confronti degli altri cittadini”.
La crisi dell’euro. Quella degli eurobond “è una proposta articolata e intelligente che contiene anche elementi che da tempo il governo italiano ha portato al tavolo europeo”. “Abbiamo visto tutti – continua Monti – che alcuni paesi (certamente la Germania, ma anche alcuni Paesi nordici) non sono disposti in questo momento a dare il loro consenso agli eurobond. Ciò significa che probabilmente essi verranno ma un pò più avanti”.
Secondo il capo dell’esecutivo ciò potrà avvenire “quando si saranno fatti passi verso una maggiore messa sotto controllo delle finanze pubbliche dei singoli paesi da parte delle istituzioni comunitarie”. Infatti “l’idea della Germania e di altri è che si possono mutualizzare in tutto o in parte i debiti pubblici solo quando si è sicuri che nessun paese sia deviante in materia di troppo debito pubblico. Ovvero, quando la politica di indebitamento sarà gestita in modo più coordinata dal centro”.
Giustizia. Nel settore della giustizia, il presidente del Consiglio anticipa “numerose novità legislative”, volte “a dare risposta non solo all’emergenza carceraria ma anche a quella lentezza dei processi che, come calcolato dalla Banca d’Italia, incide negativamente sulla crescita del Paese per un punto percentuale di Pil”. Difficile, invece, percorrere la strada dell’amnistia come misura contro il sovraffollamento delle carceri: “Voglio ricordare che si tratta di una misura per la quale sono necessari due terzi dei voti del Parlamento che non mi pare al momento ci siano”.
L’aiuto alle scuole statali.E Monti conferma il sostegno del governo alle scuole private. “Posso assicurare che il Governo non farà mancare al settore, cui riconosce una essenziale funzione complementare rispetto a quella esercitata dalle scuole pubbliche, il necessario sostegno economico”.
“A ciò si provvederà – spiega il presidente – compatibilmente con i limiti tracciati con i recenti interventi di revisione della spesa pubblica, con la legge di stabilità del prossimo autunno”. “Il nostro è un governo che – sostiene Monti -, per sua composizione, per suo programma, per suo orientamento, riconosce importanza e grandi spazi alla sussidiarietà, alla convivenza nel profondo reciproco rispetto tra pubblico e privato, tra stato e chiesa, tra le religioni. Io che ho studiato in una scuola cattolica, conosco ovviamente il grande ruolo, accanto all’istruzione pubblica, dell’istruzione paritaria e al contributo sociale che le scuole non statali offrono sopperendo alle difficoltà di molte realtà del paese”. “Pur nelle ristrettezze finanziarie da tutti avvertite e ferma l’esigenza di consolidamento e messa in sicurezza del bilancio, il sostegno a quanti sono espressione dei valori della sussidiarietà e della solidarietà è perciò un obiettivo importante per quanti hanno a cuore il benessere e la crescita dell’intero Paese”, conclude il presidente del Consiglio.
Il dopo-Monti. Il Professore ha di nuovo smentito anche un suo coinvolgimento nella politica attiva dopo la fine del mandato del governo tecnico. “Mi rifiuto di pensare – dichiara – che un grande paese democratico come l’Italia non sia in grado, attraverso libere elezioni, di scegliere una maggioranza di governo efficace e, indirettamente, un leader adeguato a guidarla. Quindi la sua domanda credo e spero non sarà rilevante”.
Quanto ai risultati del governo ottenuti finora Monti dice di essere “orgoglioso, di nulla” ma “soddisfatto e grato, della conseguita possibilità di far lavorare per uno scopo convergente forze politiche divergenti”. “In spirito costruttivo e unitario – aggiunge – siamo riusciti a mobilitare queste energie nel parlamento e forse anche in qualche misura a spiegarci col Paese in un momento che di per sé sarebbe stato il meno adatto a recepire incisive e pesanti iniziative strutturali. Beh il governo l’ha fatto. E l’ha fatto in un tempo molto concentrato e questo non mi rende orgoglioso, ma soddisfatto di aver contribuito a questo passaggio, che credo fosse inevitabile per non precipitare in una crisi dai contorni imprevedibili e per avviare l’Italia su una via di riforme e di crescita che daranno risultati più avanti”.
Il federalismo. Monti dà anche la sua idea di federalismo: non economico, ma solidale. “Sulla questione del federalismo noi rispettiamo quello che c’è nelle attuali leggi dello Stato. Forse in precedenti governi si è lavorato all’insegna del federalismo nella convinzione che esso fosse la riforma strutturale per dare ordine e slancio all’economia italiana. Mentre noi siamo convinti che il federalismo deve essere solidale, non può cioè non tenere conto delle diversità tra le diverse regioni e delle differenze territoriali. Soprattutto non deve esimerci dal fare riforme strutturali nei vari campi: dalle pensioni, al mercato del lavoro, alle liberalizzazioni, alla concorrenza, alle semplificazioni”.
La dismissione del patrimonio. E’ possibile realizzare da qui al voto nel 2013 “tutte le iniziative in materia di risanamento dei conti pubblici e di contenimento del disavanzo che sono state già decise ma che devono essere attentamente sorvegliate nella loro esecuzione” afferma Monti, affermando che nel prossimo semestre ci sarà “la dismissione di parti del patrimonio pubblico per ridurre il debito”. “Abbiamo preferito – sostiene il premier – nella prima parte di vita del governo concentrarci sulla attività di contenimento del disavanzo e di riforma, mentre adesso che abbiamo compiuto passi che hanno dimostrato all’Europa e al resto del mondo la capacità e la volontà del Paese di operare cambiamenti nel profondo delle sue strutture, è bene accompagnare queste riforme con una riduzione del debito pubblico attraverso la cessione di alcuni attivi. Se avessimo dato la priorità a quest’ultima azione si sarebbe potuto pensare che l’Italia non credeva necessarie riforme strutturali di modifica della propria ‘macchina’ e questo avrebbe dato un pessimo segnale ai mercati e all’Unione Europea”.