In Italia non si è alzata una voce a difesa di Julian Assange da quando si è rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador. Non ho letto un editoriale sui giornali italiani, né prese di posizione di forze politiche, né una protesta davanti all’ambasciata inglese o americana. In Rete solo il blogger Mantellini si è schierato dalla sua parte. Eppure, nei quasi due anni da quando il fondatore di Wikileaks si è consegnato alla polizia inglese, è emersa una farsa plateale con cui tentano a tutti i costi di estradarlo in Svezia per un presunto reato di abuso sessuale. La verità è che Assange finirebbe nelle mani degli americani se lasciasse l’ambasciata dell’Ecuador a Londra. E cosa hanno intenzione di fare i gringos? Che metodi di interrogatorio vorrebbero usare sul giornalista australiano? Perché la Svezia non accetta la sua proposta di rispondere alle domande dei giudici in diretta web, permettendo al popolo della Rete di farsi un’opinione?
In America scrittori, registi (tra cui Michael Moore), attori, studenti sono scesi in piazza per difendere Assange. Qualcosa di simile sta accadendo in Inghilterra e in Svezia. Perfino la Russia di Putin – quella che ha imbavagliato e condannato le Pussy Riot – ha preso una posizione critica: «Quello che sta accadendo non contempla il rispetto dello spirito e la lettera della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche, in particolare l’articolo 22, precisando la inviolabilità dei locali diplomatici», ha detto il Ministero degli Esteri russo. È evidente che dietro l’Inghilterra ci sono le pressioni americane, se si spingono al punto da annunciare che la polizia inglese entrerà lo stesso nell’ambasciata ecuadoriana a Londra per ammanettare Assange. E’ ridicolo, infatti, che un presunto reato di abuso sessuale possa arrivare al punto da scatenare una crisi diplomatica internazionale. La verità è che Wikileaks va decapitata. Assange è la testa, il simbolo, la guida spirituale. E’ l’uomo che ha messo in piazza le menzogne del potere americano. Nei leaks diffusi sull’Italia, ad esempio, gli ambasciatori statunitensi definivano Berlusconi “un incapace, vanitoso, dedito a feste selvagge”, ma in pubblico Hillary Clinton dichiarava che il Cavaliere era il loro “miglior amico”.
Chi ha a cuore la libertà d’informazione non può abbassare i toni sulla vicenda di Assange. Non può far finta di nulla. I movimenti dal basso, la Rete, i blogger, devono prendere una posizione. E magari organizzare una piccola manifestazione, anche simbolica, per difendere un concetto di informazione che mette in mutande il potere politico, usando lo straordinario mezzo di Internet.
Io sto con Assange. E voi?
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