L'uomo si era dato fuoco davanti a Montecitorio l'11 agosto. Era stato un attivista del Movimento a Forlì. Il dolore di Favia e Defranceschi
E’ morto dopo 8 giorni di agonia Angelo Di Carlo, l’operaio disoccupato di 54 anni che aveva tentato il suicidio dandosi fuoco l’11 agosto davanti a Montecitorio. Romano, ma trasferito da tempo a Forlì, era un attivista del Movimento 5 Stelle della città romagnola.
L’uomo era ricoverato all’ospedale Sant’Eugenio di Roma con ustioni sull’85% del corpo. Era l’una di notte quando l’operaio arrivato in piazza Montecitorio, aveva tirato fuori una bottiglia colma di liquido infiammabile se l’era versato addosso, dandosi poi fuoco con un accendino. Avvolto dalla fiamme si era lanciato verso l’ingresso della Camera dei Deputati. I carabinieri presenti nella piazza erano intervenuti con gli estintori riuscendo a spegnere quel corpo diventato una torcia.
L’operaio, vedovo, aveva grosse difficoltà economiche a causa della perdita del lavoro, ed era impegnato in un contenzioso con i tre fratelli per un’eredità. Nello zainetto che aveva con sè c’erano, due lettere, tra cui una per il figlio, a cui ha lasciato 160 euro.
Di Carlo aveva però lasciato il segno anche come attivista del Movimento. Tanto che pochi minuti dopo la sua morte i consiglieri regionali 5 Stelle, Giovanni Favia e Andrea Defranceschi, lo hanno subito ricordato su Facebook.
“Angelo era un’attivista sempre in prima linea, ovunque ci fosse da dare battaglia” ha scritto Favia “Già all’alba del MoVimento collaborava col ClanDestino, l’associazione ambientalista da cui poi è nata la Lista 5 Stelle di Forlì. Incontrandolo difficilmente potevi scordarti il suo volto. Lo ricordo ad uno degli ultimi incontri regionali coi cittadini. Mi colpì la forza con cui mi esortò a non mollare”.
Anche un attivista, Paolo Marani è intervenuto sul suo blog invitando tutti i conoscenti di Di Carlo ad assistere ad una veglia silenziosa di lutto che stasera si terrà a Forlì: “Angelo di Carlo, per gli amici Sgargy, era rimasto vedovo pochi anni fa, con un figlio poco più che ventenne a carico. Da tanti, anzi troppi anni, privo di un lavoro decente, sempre prossimo allo sfratto, in lite giudiziaria con i suoi fratelli per una banale questione di eredità, nemmeno i soldi per riparare la sua minicar senza patente ferma da mesi e indispensabile per andare a lavorare. Quanto bisogno ancora abbiamo di uomini dal cuore grande come Angelo”.